Riccardo Imberti
“La
vita non è un campionato. E nella vita, come nello sport, bisogna
imparare a perdere…” queste
parole, pronunciate da Julio Velasco, ex coach della grande nazionale
di pallavolo maschile italiana,
mi sono venute
in mente in questi giorni, dopo aver sentito Dalema in TV.
Questa
stagione ha visto la celebrazione dei congressi provinciali del PD
riservati ai soli iscritti, successivamente la convenzione, per
selezionare i candidati alla segreteria del partito alle primarie
dell'8 dicembre. Appuntamenti volutamente rivolti ai soli iscritti,
nel tentativo di arginare e dimezzare l'affermazione di Matteo Renzi
a segretario.
Nei
congressi provinciali la conta delle truppe non è stata possibile,
perchè l'esito ha presentato variabili diffuse e non riconducibili
alle logiche di appartenenza tradizionali. Nel secondo caso invece
l'esito ha confermato che nel PD la domanda di rinnovamento e di
ricambio c'è e chi ha tentato di contenerlo è stato sconfitto.
L'obbiettivo di avere due maggioranze, una tra gli iscritti e una tra
gli elettori è stata sconfitta e Matteo Renzi, contrariamente a
quanto avvenne l'anno scorso, ha saputo muoversi con granda capacità
e suscitare entusiasmo, anche tra quelle realtà di partito,
erroneamente trascurate la scorsa volta.
Ora
tutti cercano di minimizzare il dato della convenzione, tutti meno
uno. Questo uno si chiama D'Alema. Le sue dichiarazioni
confermano la sua indisponibilità al cambiamento. Leggendo il libro
di Marco Damilano in questi giorni, "chi ha sbagliato più forte"
che consiglio di leggere, questo personaggio compare in tutte le
vicende che hanno impedito al centrosinistra di rinnovarsi. Non ha
mancato di liquidare l'Ulivo a Gargonza, di fare accordi con Cossiga per
liquidare Prodi, non ha risparmiato nulla a Veltroni, primo segretario del
PD, ostacolandolo nel suo tentativo di costruire il partito nuovo;
dicono che c'entri anche nella vicenda dei 101 che hanno liquidato
Prodi alla Presidenza della Repubblica e ora, utilizza insulti nei
confronti di Renzi, quando scopre che il marchingegno della
convenzione per dimostrare che gli iscritti sono fedeli alla ditta,
non ha funzionato.
Dopo
la sconfitta del febbraio scorso, avrei preferito che i
responsabili di quella vicenda, ammettessero le loro responsabilità
e la loro inadeguatezza e avessero l'umiltà di farsi da parte
consentendo un ricambio generazionale. Un ricambio che c'è, che è
cresciuto nelle realtà
locali, attraverso l'esperienza di tanti sindaci, amministratori,
giovani e donne, liberi da appartenenze e rivalità del passato, più
disponibili al confronto.
Ora
in attesa dell'8 dicembre, sarebbe opportuno che il comportamento di
D'Alema, Bersani, i giovani turchi e quelli della ditta, guardassero oltre le proprie
ambizioni e aiutassero l'affermazione del cambiamento, ma, parlando dell'argomento
con un amico mi ha detto: "hai visto ancora i tacchini
festeggiare il Natale?". Ecco, anche il vecchio fatica ad
accettare il cambiamento e farsene una ragione. Per questo credo che
dovremo continuare a lavorare perchè, se non lo capiranno con le
buone, dovremo convincerli l'8 dicembre, con un grande consenso a
Matteo Renzi!
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