Su molti dossier il governo procede a fatica. Eppure la rottura del Pdl dovrebbe consentirgli di lavorare meglio
Il rinvio della cancellazione della seconda rata dell’Imu. Uno
scontro acceso e sorprendente sulla legge per i nuovi stadi, con il
governo spaccato in due come una mela. Una legge di stabilità ancora
irrisolta, criticata in Europa e comunque priva di misure forti,
caratterizzanti, di impatto. Buchi neri su due temi sui quali erano
stati assunti impegni solenni: il finanziamento pubblico dei partiti e
la riforma elettorale. Un’agenda sulla giustizia forse compromessa dalle
vicissitudini del ministro Cancellieri.
Nessuno di questi intoppi per Letta è di per sé irrisolvibile o tanto
grave da indurre al pessimismo. Messi insieme però restituiscono
l’immagine di un governo che procede a fatica. E per quanto fatica e
lentezza siano perfettamente comprensibili in una situazione così
difficile, eppure sono esattamente ciò che Enrico Letta non può
permettersi.
La clausola neanche tanto implicita contenuta nell’operazione di
spaccatura del Pdl (cioè nel vero capolavoro politico fin qui realizzato
dal premier) era che, liberatisi della zavorra berlusconiana, i
ministri di Letta e Alfano avrebbero cambiato passo, trovando maggiore
solidarietà interna e coraggio nella definizione delle politiche.
Può darsi che sia presto per dare un giudizio definitivo, oltre tutto
Forza Italia non è ancora uscita dalla maggioranza (e chissà se poi lo
farà veramente). Sta di fatto che in questi primi giorni dopo la rottura
il Ncd ha continuato a muoversi nel governo e fuori esattamente come
faceva prima. E si capisce anche perché: prima gli alfaniani dovevano
portare risultati a Berlusconi; ora non possono esporsi alla critica di
subalternità alla sinistra da parte dei fratelli separati.
Se dovesse continuare così, il disagio dell’intero Partito
democratico nei confronti del governo delle piccole intese non potrebbe
che crescere.
Con onestà intellettuale, Letta ha più volte dichiarato di voler
rimanere a palazzo Chigi solo per la bontà delle proprie realizzazioni e
non per la mancanza di alternative o per il vincolo dell’assenza di una
legge elettorale utilizzabile. Può darsi che prima di Natale o al
massimo entro gennaio questo impedimento venga in qualche modo rimosso
dalla Corte costituzionale. Dunque il presidente del consiglio non ha
molto tempo davanti a sé per dimostrare che vale la pena di continuare a
sostenerlo per merito, e non per necessità.
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