Da tante parti si esalta il ruolo dei militanti Pd. Giustamente.
Allora però bisognerebbe trattarli da adulti e non da bambini, com'è
successo anche dopo la sconfitta elettorale di febbraio.
Enrico Letta si è tenuto fuori dalla contesa congressuale del
Pd. L’unica eccezione che ha voluto fare ha innescato un cortocircuito
politico-comunicativo. Non so quanto l’interessato l’avesse messo in
conto ma non poteva essere altrimenti, visto che s’è trattato di un
intreccio non neutrale d’opinioni con Bersani intorno alla vexata quaestio
della genesi delle larghe intese. E Bersani nel congresso è secondo
solo a D’Alema quanto a passione infusa nel tentativo di impedire un
successo troppo ampio di Matteo Renzi.
Anche per questo motivo le cose dette da Letta due sere fa hanno suscitato grande attenzione e, come prevedeva Europa,
un certo scalpore: inevitabile, visto che nessuno nel Pd prima d’ora
aveva attribuito a Bersani il ruolo di battistrada delle larghe intese.
Per amor di pace accettiamo l’ipotesi che il premier sia stato,
diciamo, equivocato sul punto, magari per via di un intervento svolto a
braccio. Ricordiamo però che in conclusione di quel breve discorso il
presidente del consiglio ha detto anche altro:
ha avvertito che se il Pd, nel congresso e dopo, non prenderà coscienza
di quanto gli è accaduto tra febbraio e maggio di quest’anno, tanti
problemi saranno destinati a ripresentarsi.
Giustissimo.
Leggendo da molte parti (ultima l’intervista a D’Alema sull’Unità
ieri) la calorosa esaltazione del ruolo, dell’importanza, della
centralità degli iscritti al Pd (che si torna pericolosamente a
contrapporre agli elettori del Pd), mi pare evidente che se gli iscritti
sono tanto importanti il primo dovere dei dirigenti è portare loro
rispetto trattandoli da persone adulte e non da bambini capricciosi.
Viceversa, non solo dopo la sconfitta elettorale di febbraio ma da
molti anni, anzi decenni, la preziosa base militante non è stata
considerata abbastanza matura da poterle dire verità difficili sulla
politica e sulle politiche.
Nel caso particolare, nessuno mi toglie la convinzione (per fortuna
lo scrivevamo già in tempo reale) che se invece di svolgere sul governo
“di cambiamento” una manovra (ora si scopre) essenzialmente tattica e
dimostrativa, si fossero dette al popolo democratico le cose come
stavano, i mitici iscritti avrebbero potuto ragionare, discutere, dire
la loro, capire, condividere, alla fine anche accettare ipotesi
indigeste. Tanti errori e orrori si sarebbero potuti evitare.
E probabilmente la giornata dei 101 non ci sarebbe mai stata.
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