È un esito improbabile, anche se di ciò che può accadere intorno a
Berlusconi nessuno sa nulla. E comunque per il Pd sarebbe difficile da
gestire
Nessuno trova un filo logico nella matassa di trame, interessi,
sentimenti e rancori che compongono il dibattito, chiamiamolo così, nel
Pdl-Forza Italia.
Nessuno sa offrire previsioni su ciò che accadrà di qui al consiglio
nazionale anticipato al 16 novembre; su quali drammi si potranno
consumare; sulle conseguenze per il quadro politico nel caso di
deflagrazione aperta del conflitto fra gente che palesemente non si
sopporta più.
Straordinario ieri sul Foglio il racconto di Salvatore Merlo
dopo qualche ora trascorsa con Sandro Bondi e la sua compagna senatrice
Repetti. È un lungo dolente e disperato sfogo contro Alfano e i suoi,
che si chiude con una auto-accusa spietata: «Ce lo meritiamo quello che
sta succedendo. Siamo il vuoto, il nulla, non abbiamo saputo costruire
niente di solido, capace di resistere al declino di Berlusconi».
È proprio così. Per questo l’interminabile tramonto del berlusconismo
è ormai un romanzo cupo, nel quale contano solo le passioni personali
e, per citare Bondi, non esistono idee né progetti. E per questo sui
giornali è tanto difficile trovare autentiche analisi politiche, per non
dire previsioni.
Il Pd di questa vicenda è spettatore perplesso. Non sa che cosa
augurarsi e non sa fino a che punto si possa scommettere su un vincitore
o sull’altro.
Certo una cosa va detta. Letta si fa forte di un’alleanza cementata
con Alfano e dei numeri che il vicepremier ha mostrato di poter portare a
sostegno del governo.
È un calcolo giusto sul piano parlamentare. Forse considera che la
tenuta di Alfano costringerà comunque Berlusconi a rimanere inchiodato
nella maggioranza, com’era nel piano A andato a perfetta esecuzione ai
primi d’ottobre.
Ma se si dovesse invece ricorrere al piano B di una scissione del
centrodestra e della nascita di un gruppo “governista”, Letta è
consapevole che il Pd (soprattutto un eventuale Pd renziano)
difficilmente potrebbe prestarsi a reggere un simile equilibrio
politico.
A sette mesi dalla sofferta e indesiderata nascita delle larghe
intese, siamo al paradosso: che ormai il Pd può anche sopportare il peso
di governare con Berlusconi, ma dubita di poter prendere il rischio di
governare contro Berlusconi (e contro Grillo) facendo maggioranza con i
diversamente berlusconiani. A palazzo Chigi lo sanno. Infatti non fanno
poi molto affidamento sul piano B.
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