L'ideale per la "nuova" Forza Italia sarebbe uscire dalla
maggioranza ma continuare a farla lavorare logorandola. Il Pd non
potrebbe accettarlo, ma magari usare la scissione per le primarie.
Non vorrei che la catarsi dello scontro fra Berlusconi e Alfano
avesse – come obiettivo calcolato o come esito inerziale – un nuovo
equilibrio fondato su un paradosso: che Berlusconi e i suoi con Forza
Italia si sfilano dalla maggioranza; e che il governo rimane in piedi e
la legislatura procede con grande soddisfazione dello stesso (ex)
Cavaliere.
In altre parole, nel centrodestra assisteremmo a una scissione
relativamente concordata, che lascerebbe ad Alfano (e a Letta) il numero
sufficiente di senatori per andare avanti mentre, a quel punto con le
mani libere, Forza Italia potrebbe sfogare dall’opposizione la rabbia
per la decadenza di Berlusconi e l’avversità a una manovra tornata a
essere «piena di tasse».
Pare che l’ipotesi sia vista a palazzo Chigi nei termini di un
rafforzamento della maggioranza, a quel punto numericamente ridotta ma
politicamente più coesa.
Ora, io non so quale livello di maggiore coesione si possa costruire
con Giovanardi e Formigoni, ma ammetto che la battuta è facile.
Il punto è che non credo che un simile esito garantirebbe l’effettivo
rafforzamento del governo e delle prospettive della legislatura.
Intanto per una ragione “di sistema”. Per quanto siano state una
medicina amara, le larghe intese si intendono tali se vedono insieme Pd e
Pdl, i democratici e Berlusconi, due storici avversari che provano a
fare un pezzo di riforme insieme. Con tutto il rispetto, una “intesa”
con il solo Alfano può apparire utile a dividere l’avversario, ma perde
del tutto il significato “di sistema” che Napolitano ha sempre inteso
dare a questa stagione.
E poi c’è l’ovvia considerazione di vantaggio politico. Forza Italia
sogna di avere tutto. Capra e cavoli. Il tempo per rimettersi in pista
dandosi nuovi assetti (quindi no a elezioni a breve), ma anche campo
aperto per poter demolire il governo e il centrosinistra d’intesa con
Cinquestelle e le loro propaggini editoriali. Per poi magari
addirittura, chissà, rimettersi d’accordo con Alfano a missione
compiuta. Quasi come con Monti un anno fa.
Troppo facile. Il Pd non potrà consentirselo e consentirlo. Letta lo
sa: dalla scissione Pdl gli verrebbe un beneficio avvelenato. Anche se
l’evento – magari ulteriormente drammatizzato ad arte – avrebbe
un’utilità per il Pd: sollevare l’attesa e la mobilitazione del suo
elettorato per uno show down più ravvicinato; e quindi portare ai seggi delle primarie molte più persone del previsto.
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