domenica 17 novembre 2013

«A2A, la svolta industriale ha pagato Pronti a cambiare la governance».




Francesca Basso
Corriere della sera 17 novembre 2013 
 
MILANO — «Nel 2012 abbiamo distribuito 81 milioni di dividendi. È presto per fare stime per quest’anno, l’ultimo trimestre è sempre molto delicato. Comunque questi primi nove mesi sono stati soddisfacenti. In ogni caso manterremo la linea del dividendo non superiore al 60% dell’utile netto ordinario».

Graziano Tarantini, presidente del consiglio di gestione di A2A, la multiutility che ha come azionisti di riferimento i Comuni di Milano e Brescia, fa un bilancio del primo anno dalla presentazione del piano industriale 2013-2015, dopo la comunicazione nei giorni scorsi dei risultati dei primi 9 mesi, che indicano margini in aumento nonostante il calo dei ricavi e il crollo della domanda di energia elettrica dovuto alla crisi economica: utile netto a 159 milioni, con un incremento di 32 milioni (+35,6%) al netto delle partite straordinarie, margine operativo lordo a 839 milioni (+8%), ricavi pari a 4 miliardi contro i quasi 5 miliardi di un anno fa.

Come sta reagendo il mercato?

«Il titolo è cresciuto del 95% da inizio anno e del 116% dal 9 novembre 2012, quando abbiamo presentato il piano industriale: un’azione allora valeva 0,39 euro, ora siamo a 0,80 euro. C’è stata una rivalutazione del titolo molto significativa. Gli investitori di lungo periodo generalmente guardano al dividendo, mentre quelli di breve all’andamento del titolo. Comunque i nostri dati sono suffragati da scelte industriali».

Su cosa vi siete concentrati?

«Stiamo mantenendo le promesse del piano industriale. Abbiamo portato avanti una politica di riduzione e di allungamento della vita media del debito per garantirci un’adeguata flessibilità finanziaria. Nell’ultimo consiglio di gestione abbiamo infatti approvato il rinnovo del programma di emissioni obbligazionarie per un nuovo bond non convertibile fino a un massimo di 1,25 miliardi. Lo sforzo è dare solidità all’azienda. Se non ci sono urgenze le scelte si possono valutare con maggiore tranquillità. Stiamo poi lavorando sull’efficientamento dei costi».

Procederete alla cessione del 30% di A2A Ambiente?

«Nel piano industriale la cessione di una quota di A2A Ambiente era funzionale alla riduzione del debito, ma ora non è più necessario e se lo faremo in futuro sarà una scelta strategica non dettata dal bisogno».

Quali sono le nuove sfide?

«Siamo un’azienda che in due anni ha cambiato il suo volto. Prima quasi metà del capitale era investito in partecipazioni finanziarie. Ora siamo concentrati totalmente su operazioni industriali. Puntiamo a nuove acquisizioni in Lombardia, dove vogliamo diventare ancora più forti nel settore Ambiente. Sul fronte energia, stiamo integrando Edipower che ci ha fatto diventare il secondo produttore di energia elettrica del Paese».

Quanto pesa la crisi della domanda?

«I nostri risultati positivi risentono del buon andamento dell’idroelettrico in Italia e in Montenegro. Lavoriamo molto sulla stabilità del sistema e sul dispacciamento, ma i nostri impianti stanno andando al 15%: noi incassiamo la capacità di tenere in equilibrio il sistema. Cerchiamo di non chiudere i siti. Ma il Paese si deve porre il problema: il sistema Italia ha un eccesso tale di offerta che non fa sperare molto nel futuro. Riusciamo a essere redditizi pensando che ora siamo al culmine della crisi».

Il taglio dei costi che state portando avanti avrà impatti sull’occupazione?

«L’efficientamento sui costi prevede una riduzione di 70 milioni di euro in tre anni senza toccare in modo significativo l’occupazione. È uno sforzo notevole. Ma nello stesso tempo stiamo investendo: nei primi nove mesi 193 milioni in tutti i settori (energia, impianti, reti, cogenerazione, ambiente)».

I sindaci di Milano e Brescia hanno annunciato che la governance cambierà e si passerà dal sistema duale al tradizionale. E che cederanno un 4-5% della società. Siamo a una svolta?

«Il duale crea complessità ulteriori nella gestione di una società. C’è un sentimento positivo per la trasformazione della governance in senso tradizionale. I patti costituiti all’inizio, all’epoca della fusione tra Aem e Asm, erano molto rigidi, si spera in un superamento. È importante che ci sia una dialettica con l’azionista, dove il board si senta responsabile dell’azienda. Gli azionisti non potranno prescindere dalla qualità della composizione del consiglio».

Gli investitori sono attenti alla governance?

«Gli investitori non ci hanno più posto il problema della governance. Ora sono concentrati sui risultati e sul rispetto del piano industriale».

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