sabato 9 novembre 2013

Quanta ipocrisia sulle tessere

Stefano Menichini 

Europa  

Perché la tradizionale adesione al partito stride con la contendibilità dei gruppi dirigenti.
Il tesseramento più infelice della storia si chiude domani, certi che le polemiche si allungheranno fino all’8 dicembre e oltre, soprattutto se nel voto degli iscritti dovesse prevalere un candidato segretario diverso da quello investito poi dagli elettori dei gazebo: Cuperlo – dovesse toccare a lui – tenterebbe di far pesare il risultato ottenuto presso la base. E Renzi – fosse alla fine lui l’eletto – inaugurerebbe la sua nuova carriera con un problema in più.
Ci si scambiano accuse sanguinose. La conta sull’appartenenza dei segretari provinciali a questa o a quella corrente è stata assurda, visto il meccanismo scelto di svincolare le dinamiche locali da quella nazionale e per il trasversalismo di molte alleanze.
In pochi cercano di capire che cosa sia successo davvero. Nel campo di Cuperlo, comprensibilmente, si esalta il valore dell’adesione militante, della partecipazione quotidiana, dell’abnegazione, della dimensione comunitaria di un partito politico democratico.
Tutto giusto. Ma non ci si interroga sul punto di fondo: perché tanti problemi proprio adesso? Davvero dipende dalla malvagità dei dirigenti attuali rispetto a quelli “di una volta”?
Nel Pci e poi nel Pds-Ds il mitico tesseramento era utilizzato come termometro per valutare la salute del partito. Niente di più. I militanti non contavano nulla nella selezione dei gruppi dirigenti, che procedeva per cooptazione. Questo è il motivo principale per cui neanche si pensava di poter gonfiare le tessere. Già la Dc funzionava in un altro modo, con le conseguenze note.
Oggi un sistema di adesione tipico di un’altra era viene messo a frizione con tempi e modalità incompatibili. Con l’esigenza di tenere basse le barriere fra l’interno e l’esterno. Con la velocità e l’aggressività della dimensione mediatica dello scontro. E, soprattutto, con la contendibilità del partito: una novità assoluta e recente che ha prodotto lo shock di tanti militanti lo scorso anno, quando Renzi si è “permesso” di sfidare Bersani in primarie il cui esito non era concordato né prevedibile, contrariamente a tutte le primarie precedenti.
Se per “contendere” il partito contano anche le tessere, è da ipocriti scandalizzarsi per i casi di malcostume (peraltro limitati). Tanto più che negli ultimi anni l’organizzazione e la cura del tesseramento erano caduti in uno stato deprecabile. Quando lo scandalo si sarà placato, sarà dura riallineare in un solo innovativo soggetto politico i due partiti che abbiamo visto all’opera in queste settimane.

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