Perché la tradizionale adesione al partito stride con la contendibilità dei gruppi dirigenti.
Il tesseramento più infelice della storia si chiude domani,
certi che le polemiche si allungheranno fino all’8 dicembre e oltre,
soprattutto se nel voto degli iscritti dovesse prevalere un candidato
segretario diverso da quello investito poi dagli elettori dei gazebo:
Cuperlo – dovesse toccare a lui – tenterebbe di far pesare il risultato
ottenuto presso la base. E Renzi – fosse alla fine lui l’eletto –
inaugurerebbe la sua nuova carriera con un problema in più.
Ci si scambiano accuse sanguinose. La conta sull’appartenenza dei
segretari provinciali a questa o a quella corrente è stata assurda,
visto il meccanismo scelto di svincolare le dinamiche locali da quella
nazionale e per il trasversalismo di molte alleanze.
In pochi cercano di capire che cosa sia successo davvero. Nel campo
di Cuperlo, comprensibilmente, si esalta il valore dell’adesione
militante, della partecipazione quotidiana, dell’abnegazione, della
dimensione comunitaria di un partito politico democratico.
Tutto giusto. Ma non ci si interroga sul punto di fondo: perché tanti
problemi proprio adesso? Davvero dipende dalla malvagità dei dirigenti
attuali rispetto a quelli “di una volta”?
Nel Pci e poi nel Pds-Ds il mitico tesseramento era utilizzato come
termometro per valutare la salute del partito. Niente di più. I
militanti non contavano nulla nella selezione dei gruppi dirigenti, che
procedeva per cooptazione. Questo è il motivo principale per cui neanche
si pensava di poter gonfiare le tessere. Già la Dc funzionava in un
altro modo, con le conseguenze note.
Oggi un sistema di adesione tipico di un’altra era viene messo a
frizione con tempi e modalità incompatibili. Con l’esigenza di tenere
basse le barriere fra l’interno e l’esterno. Con la velocità e
l’aggressività della dimensione mediatica dello scontro. E, soprattutto,
con la contendibilità del partito: una novità assoluta e recente che ha
prodotto lo shock di tanti militanti lo scorso anno, quando Renzi si è
“permesso” di sfidare Bersani in primarie il cui esito non era
concordato né prevedibile, contrariamente a tutte le primarie
precedenti.
Se per “contendere” il partito contano anche le tessere, è da
ipocriti scandalizzarsi per i casi di malcostume (peraltro limitati).
Tanto più che negli ultimi anni l’organizzazione e la cura del
tesseramento erano caduti in uno stato deprecabile. Quando lo scandalo
si sarà placato, sarà dura riallineare in un solo innovativo soggetto
politico i due partiti che abbiamo visto all’opera in queste settimane.
Nessun commento:
Posta un commento