Occhetta.f
4 gennaio 2018
Fermiamoci un istante, pacatamente.
L’anno è appena iniziato, i motori si stanno riaccendendo, in
molti angoli della terra molti popoli vivono sotto regimi
antidemocratici, poi dopo le dichiarazioni dei Presidenti Trump e Kim
il mondo è minacciato da una guerra nucleare che sarebbe devastante
per tutti. L’Europa avrebbe bisogno di riforme strutturali, solide
e condivise per riaffermare il suo ruolo di potenza di pace e di
diritti, mentre i temi aperti in Italia sono quelli noti: il lavoro,
la giustizia, l’integrazione degli immigrati e altri temi ancora.
Invece apri Facebook o Twitter,
cosa leggi? Il dibattito sui sacchetti di plastica. All’inizio
pensavo fosse una sciocchezza, pensandoci meglio credo sia un sintomo
di qualcosa di più grande. Il modo e il merito dicono che il Paese è
sbilanciato a frenare ogni cambiamento possibile. Lo ribadisco il
tema tocca il modello di sviluppo e l’economia ma anche il tema
della rappresentanza politica.
Quale ruolo per politici e giornalisti?
In questo caso molti politici invece di
spiegare quello hanno votato hanno dato ragione a critiche infondate
che vanno contro quello che hanno votato. Ma così si scredita una
intera classe. I media nazionali che inseguono i social e invece di
ricostruire la notizia fanno da eco alle opinioni. E il valore del
servizio pubblico nel giornalismo che costruisce l’opinione
pubblica e fornisce elementi per votare? Prima le notizie e dopo le
opinioni, altrimenti se le notizie devono servire le opinioni di
turno entra in crisi l’identità narrativa di una cultura.
Andiamo con ordine per definire il tema
e chiudere con una considerazione. La grande bufala si poteva
smontare almeno in due punti:
a. il Parlamento ha recepito una
direttiva Europa del 2015 (la 270) che tende a disincentivare, per
evitare l’inquinamento ambientale, l’uso della plastica, anche
quella in materiale leggero usato per frutta e verdura nei
supermarket, e ad evitare una procedura d’infrazione molto salata
già avviata lo scorso anno da Bruxelles.
b. non è stato un premio del
Governo ad amici in regime di monopolio dato che sul mercato
operano 150 aziende per un totale di 4 mila dipendenti.
Ribadisco quello che ho scritto su
facebook: in Italia si producono 10 milioni di tonnellate di rifiuti
organici, di cui sei milioni vengono riciclati. Se TUTTI
utilizzassero sacchi biodegradibili e combustibili, ci sarebbero
quattro milioni di tonnellate di rifiuti organici in più e una
drastica riduzione di gas serra.
È dai piccoli gesti quotidiani, come quello della cura per lo scarto e del suo riciclo, che si rigenerano una cultura e una società. Occorre scommettere e costruire bioraffinerie che riciclino la plastica e riducano l’inquinamento e i sacchettini biodegradibili vanno in questa direzione. Stiamo parlando di una spesa che potrebbe oscillare dai 4 ai 12 euro in più per famiglia all’anno. Una media di 1 euro al mese!
È dai piccoli gesti quotidiani, come quello della cura per lo scarto e del suo riciclo, che si rigenerano una cultura e una società. Occorre scommettere e costruire bioraffinerie che riciclino la plastica e riducano l’inquinamento e i sacchettini biodegradibili vanno in questa direzione. Stiamo parlando di una spesa che potrebbe oscillare dai 4 ai 12 euro in più per famiglia all’anno. Una media di 1 euro al mese!
La grande bufala
Il linguaggio delle bufale è antico,
con la differenza che alle parole si dava un peso, servivano per
distruggere ma anche ricostruire. Lasciamo perdere i sacchettini che
dicono però la scelta o meno di uno sviluppo più umano e
sostenibile… (i signori del petrolio e del carbone staranno facendo
festa). Questo linguaggio ha solo cambiato la sua maschera. Era già
presente negli anni Venti del secolo scorso, quando la gente voleva
un uomo forte al comando e desiderava chiudersi nelle proprie
identità senza aprirsi ai tempi che cambiavano. Tutto ciò che era
istituzionale doveva essere distrutto… e la storia del Novecento la
conosciamo. Purtroppo quello che si dimentica, ritorna. Quando nella
storia si invoca la “volontà generale” dietro si nasconde quasi
sempre la presenza di un Generale col potere di distruggere e quasi
mai di edificare. Non so se c’è rimedio. Possiamo arginare una
burrasca? La coscienza sociale matura attraverso (purtroppo)
l’umiliazione della dignità umana e attraverso il dolore. La Carta
Costituzionale è un evento di coscienza sociale perché la guerra
aveva risvegliato ciò che contava davvero. E per noi? Cosa conta
oggi? Siamo circondati da guerre e Facebook è pieno di selfie come
se il mondo sono io. La cultura contemporanea sembra avere svuotato
il significato antropologico di coscienza (sociale) e «il senso di
obbligazione» verso gli imperativi della coscienza stessa, in
particolare verso quelle «voci» che richiamano a scelte più
impegnative e onerose in senso morale: la voce divina che risuona nel
segreto, l’ascolto intimo, il giudizio, un «Tu» con cui
dialogare, l’obbedienza sincera al comando interiore «fa’
questo, evita quest’altro», la responsabilità verso l’altro. È
la coscienza morale, infatti, a porre all’uomo alcune domande
radicali e ineludibili: come devo comportarmi? In che modo
distinguere le voci di bene e quelle di male radicate nel cuore? Chi
sono chiamato ad essere? Cosa sto costruendo?
La formazione della coscienza sociale
La formazione di una coscienza sociale
può essere garantita soltanto da un’opinione pubblica formata,
capace di distinguere il bene dal male. Non si tratta, come pensano
molti, di imporre la verità insegnandola — il cui etimo
ricorderebbe un «mettere dentro» —, bensì educando a disvelare
la verità (dei fatti), e ciò nel senso più alto del termine, del
«tirare fuori» risorse, innovazioni e valori: dai cittadini e dalla
società. Quale alternativa sarebbe possibile? Per alcuni studiosi e
politici prevedere una sorta di sceriffo del web che censuri il
falso. Così si comprimerebbe il principio inviolabile del diritto di
espressione.
Ricordiamo, in proposito, un aneddoto di Enzo Biagi: «Una notizia la si può raccontare in tantissimi modi. Facciamo un esempio: un bambino che vede una bicicletta la prende e scappa via. La notizia può essere raccontata così: un bambino la prende perché ha sempre sognato di avere la bicicletta; oppure, il bambino è un ladro, dimostra di essere un precoce delinquente; infine, era un gioco, il bambino non sa che certi giochi vengono contemplati anche dal codice penale. Ognuno ha il suo punto di vista nel raccontare le cose, ma deve farlo con onestà».
Si vede solo ciò che si conosce interiormente nel profondo della propria coscienza. Il Papa lo ribadisce: “La realtà, in sé stessa, non ha un significato univoco. Tutto dipende dallo sguardo con cui viene colta, dagli ‘occhiali’ con cui scegliamo di guardarla: cambiando le lenti, anche la realtà appare diversa. Da dove dunque possiamo partire per leggere la realtà con “occhiali” giusti?”. Occorre ripartire dalla responsabilità comune di saper costruire e non continuare a demolire.
Ricordiamo, in proposito, un aneddoto di Enzo Biagi: «Una notizia la si può raccontare in tantissimi modi. Facciamo un esempio: un bambino che vede una bicicletta la prende e scappa via. La notizia può essere raccontata così: un bambino la prende perché ha sempre sognato di avere la bicicletta; oppure, il bambino è un ladro, dimostra di essere un precoce delinquente; infine, era un gioco, il bambino non sa che certi giochi vengono contemplati anche dal codice penale. Ognuno ha il suo punto di vista nel raccontare le cose, ma deve farlo con onestà».
Si vede solo ciò che si conosce interiormente nel profondo della propria coscienza. Il Papa lo ribadisce: “La realtà, in sé stessa, non ha un significato univoco. Tutto dipende dallo sguardo con cui viene colta, dagli ‘occhiali’ con cui scegliamo di guardarla: cambiando le lenti, anche la realtà appare diversa. Da dove dunque possiamo partire per leggere la realtà con “occhiali” giusti?”. Occorre ripartire dalla responsabilità comune di saper costruire e non continuare a demolire.
Un appello al giornalismo
Quasi un secolo fa il giornalista era
stato definito da Joseph Pulitzer: «La vedetta sul ponte di comando
della nave dello Stato». Ci chiediamo: è ancora così? Nel tempo
della post-verità la genesi della notizia è radicalmente cambiata.
Fino ad una decina di anni fa la notizia si dava attraverso sette
tappe: a) reperimento, b) verifica, c) selezione, d)
gerarchizzazione, e) interpretazione e contestualizzazione, f)
commento e presentazione al pubblico, ne è la causa. Quello che
rimane oggi sono i momenti dell’interpretazione e della
contestualizzazione. Su questi due passaggi passa il rilancio di un
giornalismo di qualità e delle notizie buone.
Certo la deontologia va rispettata. Il
suo significato (dal greco tò δέον “il dovere” e λόγος
“scienza”) non è un concetto statico, ma cambia nel tempo
includendo i contenuti e le forme della comunicazione che generano
nuove esperienze comunicative. Occorre investire molto in cultura e
parlare alle intelligenze e non alla pancia. Invertire la regola
delle cinque “S” che impone di parlare di sesso, soldi, sangue,
spettacolo e sport per fare audience. Prepararsi con rigore sui temi
caldi dell’agenda politica che toccano la convivenza civile stessa:
l’antropologia post-umanista, il rapporto tra laicità e l’islam
e il rapporto tra diritto di espressione e diritti soggettivi,
l’integrazione, la costruzione della cittadinanza europea, la
difesa della dignità della persona, ecc. A marzo si vota e in gioco
c’è il destino di tutti… non possiamo svenderlo alle grandi
bufale
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