Pierluigi Mele 23 giugno 2015
rainews.it
L’Enciclica di Papa Francesco dedicata all’ ecologia , ovvero
alla “madre terra”, non ha deluso le aspettative. Sta facendo
discutere l’opinione pubblica mondiale. Per andare alle “radici”
dell’Enciclica abbiamo intervistato il teologo brasiliano Leonardo
Boff, uno dei padri della teologia liberazione. Boff è tra gli
ispiratori dell’Enciclica
Leonardo Boff, per prima cosa partiamo
dalle reazioni all’Enciclica in America latina: come è stata
accolta?
Finora è stata accolta molto bene, persino con una certa
perplessità perché nessuno sperava un testo cosi positivo e dentro
il nuovo paradigma ecologico. Il Papa ha innovato la discussione
proponendo l’ecologia integrale che va ben oltre l’ecologia
ambientale dominante.
Sicuramente, per lei, questa Enciclica segna la
piena riabilitazione del suo lavoro teologico. In particolare quello
dedicato all’ecologia. Infatti, nel documento, c’è l’espressione
“grido della terra, grido dei poveri” che è sua. Qual è la
novità teologica dell’Enciclica?
A richiesta dello stesso Papa gli
ho inviato molto materiale sull’ecologia, visto che è da 30 anni
che lavoro su questo tema. Molto mi ha aiutato la partecipazione alla
redazione della “Carta della Terra”, sotto l’egida di Michail
Gorbaciov. Questo documento molto simile con l’enciclica è per me
l’unico grande documento, assunto dall’UNESCO, che sia stato
elaborato totalmente dentro il nuovo paradigma, fondato nelle scienze
della vita e della Terra. Io ho insistito insieme al Papa attraverso
l’ambasciatore argentino nella Santa Sede che l’enciclica avrebbe
tutto da guadagnare, mostrandosi contemporanea del migliore pensiero
ecologico, se avesse assunto tale paradigma. Secondo questo paradigma
tutte le cose stanno interconnesse formando un grande tutto. Tutto
sta in relazione e niente esiste fuori dalla relazione. Questa
prospettiva aiuta a mostrare che tutti i problemi stanno
interconnessi e devono essere affrontati simultaneamente, specie il
riscaldamento globale e la povertà delle moltitudini. Sono felice
che questa prospettiva sia stata assunta, conferendo grande coerenza
e unità al testo. Ciò è una novità nella tradizione del magistero
della Chiesa. Il Papa Francesco ha innovato e collocato la Chiesa nel
punto più avanzato della discussione ecologica.
Le piace il termine “Ecologia integrale”?
Le piace il termine “Ecologia integrale”?
Il tema “ecologia integrale” è
presente in tutti i miei libri e articoli. É la forma di come
superiamo il discorso convenzionale che si restringe all’ecologia
ambientale, secondo la quale s’immagina che l’essere umano stia
al di fuori dell’ambiente e della natura, ma al di sopra
dominandola e che non bisogna riconoscere il valore intrinseco di
ciascun essere, indipendentemente dall’uso umano. Io ho lavorato di
forma coordinata l’ecologia ambientale, politico-sociale, mentale e
integrale. Specie ultimamente elaboro un’etica, una spiritualità
ecologica e una cultura della cura per la Casa Comune, l’unica che
abbiamo per abitare. L’ecologia integrale ha incluso le diverse
forme di ecologia, dimostrando però che tutte si articolano tra loro
a servizio di una cultura bio-centrata e di una Terra, che molti
chiamano “Terra di Buona Speranza”.
Quali sono i concetti più belli dell’Enciclica?
Quali sono i concetti più belli dell’Enciclica?
I concetti centrali, che articolano tutto il
testo, sono la concezione che tutto sta in relazione con tutto. Tutto
è relazione e niente esiste fuori dalla relazione. Questa è la
convinzione della fisica quantistica e della nuova cosmologia. Questa
comprensione è teologicamente ben fondata perché si afferma che il
Dio cristiano non è la solitudine dell’Uno ma la comunione e la
relazione della Santissima Trinità, sempre ed eternamente
interconnessi. Se Dio-Trinità sono cosi, relazione, allora tutta la
creazione rispecchia la natura relazionale di tutte le cose. Da
questo concetto ne deriva un altro, quello dell’interdipendenza tra
tutti e della corresponsabilità collettiva per il destino comune,
della Terra e dell’umanità. Un altro concetto chiave è quello
della cura. Significa una relazione amorosa e non dominatrice con la
natura e si oppone frontalmente al paradigma della modernità che e
la dominazione dell’altro, dei popoli e della natura. Il Papa
denuncia l’espressione maggiore di questa dominazione che è la
tecnocrazia. La distingue bene dalla tecnica che ci ha portato tanti
benefici. La tecnocrazia rappresenta la dittatura della tecnica, come
se tutti i problemi ecologici e umani potessero essere risolti solo
per la tecnica. Devono essere presenti la politica, l’etica e una
scienza fatta con coscienza, non prioritariamente per il mercato, ma
per la vita. Altro concetto importante è il termine “casa comune”
per designare la Terra. Cosi è più facile ricordare che tutti
abitano lo stesso spazio e che tutti sono fratelli e sorelle gli uni
degli altri e anche fratelli del fratello Sole, della sorella Luna e
figli della Madre Terra. Questa visione che esiste una fratellanza
universale è derivata dalla mistica cosmica di San Francesco, una
fonte d’ispirazione per tutta l’enciclica. Essa permette
espressioni di grande bellezza, sentimenti di rispetto e di
venerazione per tutto quello che esiste e vive. Qui il Papa innova di
fronte ai suoi predecessori, in quanto nel suo testo coltiva
l’eleganza, la lievità e la poesia.
Come verrà declinata, dopo
questa Enciclica, la parola “Liberazione”?
La teologia della
liberazione nacque ascoltando il grido degli oppressi, o nella
versione argentina, del popolo messo a tacere e della cultura
popolare oppressa. Il “marchio registrato” di questo tipo di
teologia è l’opzione per i poveri, contro la povertà e in favore
della loro liberazione e della giustizia sociale. A partire dagli
anni’80 del secolo passato, alcuni teologi percepirono che
all’interno di quest’opzione si sarebbe dovuto collocare il
Grande Povero che è la Terra crocefissa, devastata e oppressa. Fu in
questo senso che io scrissi nel 1995 il libro “Dignitas Terrae”,
ecologia: grido della Terra - grido dei poveri”. Questa espressione
è stata coerentemente assunta dall’enciclica. Nacque cosi
un’eco-teologia della liberazione. Non fu assunta da tutti, perché
questa eco-teologia incorpora i dati delle nuove scienze, come la
nuova cosmologia, la fisica quantistica, la nuova biologia. La
teologia della liberazione classica dialogava con le scienze sociali,
con l’antropologia e con la cultura. Tutti fummo formati dentro
questo paradigma. Pochi si sono arrischiati a dialogare con le nuove
scienze. Ciò rappresentava una vera rivoluzione intellettuale. Io
stesso, feci un grande sforzo per incorporare il nuovo paradigma. Non
si tratta di parlare su questo, ma da questo. E da lì tutto cambia e
mi resi conto che era più facile fare teologia con questo paradigma
che con quello classico. Insieme con il cosmologo nord-americano Mark
Hathaway elaborammo tutta una visione nuova in un libro dal titolo
“Tao da Libertação” che fu tradotto in italiano nel 2014 da
Fazi Editore. Negli USA il libro, nel 2010, ha vinto la medaglia
d’oro per la “nuova scienza e cosmologia”. Penso che sia il
passo più avanzato della teologia della liberazione. Con questo
documento pontificio si mette radicalmente in discussione il
“pensiero unico” neoliberista.
E’ davvero alternativo al
neoliberismo. Le chiedo: l’enciclica potrà avere degli effetti
politici?
Sicuramente l’enciclica avrà effetti politici.
Primariamente perché non è diretta ai cristiani, ma a tutti gli
abitanti della Casa Comune. Essa fa severe critiche agli incontri
dell’ONU sul riscaldamento globale perché non possiede una visione
integrale ma atomizzata e focalizzata solo nell’ecologia ambientale
che favorisce l’antropocentrismo, dove si vede appena la relazione
dell’essere umano con l’ambiente e la natura, dimenticando che
questo essere umano è parte della natura e tra entrambi esistono
relazioni inclusive e reciproche. Non mi meraviglierei se
nell’incontro in dicembre a Parigi – organizzato dall’ONU,
quando si tratterà nuovamente dei cambiamenti climatici, queste
questioni fondamentali siano sollevate e cambi il corso delle
discussioni. La questione non è appena il riscaldamento globale. Ma
il tipo di produzione, distribuzione e consumo che la nostra società
ha elaborato negli ultimi secoli, il quale ha richiesto alti costi
alla natura e hanno prodotto un’iniqua disuguaglianza sociale,
altro nome, dell’ingiustizia sociale mondiale. I cambiamenti
climatici sono la conseguenza di questo modo di abitare la Terra,
devastandola in vista di un’accumulazione illimitata. Dobbiamo
cambiare, altrimenti conosceremo catastrofi ecologico-sociali mai
viste prima. Papa Francesco, con l’Enciclica, porta nettamente la
Chiesa cattolica sulla frontiera profetica della lotta per la
“liberazione dei poveri”.
Riuscirà l’intera comunità
ecclesiale a reggere il passo di Papa Francesco? Vi saranno conflitti
all’interno dell’episcopato? Il problema del Papa non si
concentra nella Chiesa, ma nell’umanità. La sua questione non è
domandare: che futuro avrà il cristianesimo?
Ma la sua
preoccupazione risiede in questo: in quale misura il cristianesimo,
le altre chiese e cammini spirituali, possono e devono contribuire a
salvare la vita sulla Terra e garantire un futuro per la nostra
civiltà?
Lui ha percepito nubi nere che si annunciano all’orizzonte,
anticipando grandi catastrofi, nel caso non facessimo nulla. Ma
sempre da' l’ultima parola alla speranza e alla creatività umana,
capace di dare un salto quantistico e conferire un altro corso alla
nostra forma di abitare la Casa Comune. Esistono molti cristiani e
vescovi che ancora non si sono svegliati di fronte alla gravità
dell’attuale situazione che richiede un “cambio di direzione”
e, citando la Carta della Terra “cercare un nuovo inizio”. Forse
con l’aggravarsi della situazione mondiale, tutti si sveglieranno,
poiché – nel caso contrario – potremmo conoscere il cammino già
percorso dai dinosauri. Ultima domanda: con Papa Francesco i martiri
dell’America Latina tornano a parlare alla Chiesa Universale.
Qual
è il “seme” di futuro che questi martiri portano all’intera
comunità ecclesiale?
Il Papa Francesco ha accolto la riflessione che
si è fatta in America Latina secondo cui il martire non è appena
quello che sacrifica la vita per fedeltà alla fede cristiana. Questo
è un martire della Chiesa. Ma esiste anche un altro tipo di martire
che sacrifica la vita nella difesa della dignità delle persone e dei
loro diritti contro la violenza dei regimi dittatoriali. Questi sono
i martiri, come diciamo noi, del Regno di Dio. Il Regno di Dio, il
messaggio centrale di Gesù, è fatto di giustizia, d’amore
incondizionato, di consegna della propria vita per difendere i
violentati, specie i poveri. Questo è un atto d’amore e
costituisce il contenuto concreto del grande sogno di Gesù: un Regno
di giustizia, di compassione, d’amore, di pace e di totale apertura
a Dio. Tutti questi martiri possiedono una connotazione politica.
Proprio i Papi hanno definito la politica come una forma mai alta di
amore verso il prossimo e di servizio alla giustizia del Regno. In
questo senso abbiamo molti martiri nella Chiesa dell’America
Latina, poiché molti cristiani, laici e laiche, preti, religiosi e
religiose e per lo meno due vescovi, Oscar Romero in San Salvador ed
Enrique Angelelli in Argentina furono assassinati per difendere
questi valori del Regno di Dio. E anche molti colleghi teologi e
teologhe furono sequestrati, barbaramente torturati e assassinati per
difendere i poveri e per essersi impegnati nell’osservanza, da
parte dello Stato, dei diritti umani universali. Tutti questi sono
martiri del Regno di Dio, del quale la Chiesa è segno e sacramento.
(Traduzione dal portoghese di Gianni Alioti)
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