Corriere della Sera 09/06/15
Lorenzo Salvia
La tentazione c’era stata: cancellare
dal 2017 la mobilità, il sussidio per i lavoratori licenziati e in
cerca di un nuovo posto, che verrà sostituita da altri strumenti. Ma
lasciare intatto il contributo che le aziende versano per
finanziarla, non proprio briciole visto che si tratta dello 0,3% del
monte salari. E invece ieri è arrivato il chiarimento, con una
modifica a uno dei decreti delegati del Jobs act , la riforma del
lavoro, che il ministro Giuliano Poletti porterà nel prossimo
consiglio dei ministri, domani o giovedì.
A partire dal 2017
sparirà sia l’indennità di mobilità per il lavoratore sia il
relativo contributo versato dalle aziende. Quei soldi non andranno a
finire nel grande calderone delle entrate pubbliche, come temevano
gli imprenditori. Un segnale di apertura verso il mondo produttivo,
dopo che nei giorni scorsi Confindustria aveva parlato di manina anti
azienda al lavoro nel governo. Che fa il paio con un’altra piccola
modifica ai decreti delegati in fase di limatura. Nei giorni scorsi
era stata aggiunta una norma per contrastare le cosiddette dimissioni
in bianco, quelle fatte firmare al lavoratore al momento
dell’assunzione, per poi essere tirate fuori in caso di problemi o
anche di semplice gravidanza. Era stato aggiunto anche un periodo di
sette giorni durante il quale il lavoratore che si è dimesso può
fare marcia indietro. La «clausola di ripensamento» resta ma
dovrebbe avere una durata più corta, tre giorni, al massimo cinque.
Per misurare l’effetto Jobs act , ieri il ministero del Lavoro
ha pubblicato i dati sulle assunzioni e i licenziamenti nei primi tre
mesi di quest’anno. Le tabelle confermano la tendenza venuta fuori
con i dati parziali, diffusi mese per mese. Il numero totale delle
assunzioni di ogni tipo, dalla collaborazione ai contratti stabili, è
in aumento del 3,8%. Cresce un po’ meno, del 3,4%, il numero totale
delle cessazioni. La vera differenza sta nel peso delle assunzioni a
tempo indeterminato, con un aumento del 24,6% rispetto allo stesso
periodo dell’anno scorso. La causa sta sia nello sconto sui
contributi per tutti i contratti a tempo indeterminato, anche quelli
con il vecchio articolo 18, partito a gennaio. Sia nel nuovo
contratto a tutele crescenti, senza articolo 18 e quindi con
l’indennizzo al posto del reintegro in caso di licenziamento
illegittimo, disponibile da marzo. Ma proprio questa seconda modifica
sembra decisiva per l’inversione di tendenza di queste settimane. A
marzo le assunzioni stabili in più rispetto all’anno scorso sono
state quasi 60 mila. A febbraio, quando c’era «solo» lo sconto
sui contributi, l’aumento era stato della metà.
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