Corriere della Sera del 20/06/15
Marco Galluzzo
«Non vorrei deluderla ma non intendo
fare polemiche».
La polemica che Lorenzo Guerini non vuole fare è
con Massimo D’Alema. Il vicesegretario del Pd ha letto quello che
l’ex premier ha detto al Corriere , non lo condivide, «ma con lo
stesso garbo con cui ha ci invitato a riflettere possiamo
confrontarci».
D’Alema dice che avete perso milioni di voti e
state deludendo il vostro elettorato.
«Innanzitutto se guardiamo
al risultato elettorale nel suo complesso, possiamo dire che c’è
stato un esito positivo per il Pd, altra cosa sono stati i
ballottaggi, per i quali abbiamo subito manifestato la nostra
parziale insoddisfazione. Il vero punto è che valutare i risultati
del partito quando ci sono tante liste civiche e confontarlo con le
Europee è fuorviante. Da questo punto di vista il riferimento è
quanto emerso nella direzione dopo il voto: continuare, aperti al
confronto, ma senza indugio, nel percorso delle riforme».
Sareste stati anche sprezzanti di fronte all’abbandono di tanti
dirigenti del partito.
«In generale su quello che è successo
negli ultimi mesi potremmo anche interrogarci su come siamo arrivati
alle elezioni, con le tante polemiche interne, con il piacere di
alcuni di mostrare le nostre divisioni, atteggiamenti che credo
abbiano in parte influito sul voto. Se c’è una cosa che ci
chiedono i nostri militanti è unità e di non caratterizzarci per le
polemiche. Poi sinceramente non vedo questa diaspora di dirigenti,
alcuni hanno scelto di seguire Civati ma non riscontro alcuna
emorragia. Il Pd è consapevole delle proprie responsabilità di
governo e, dentro questo sforzo, tutti devono trovare la capacità di
sostenerlo. Abbiamo bisogno di un sostegno corale, non della polemica
fine a sé stessa o della critica aprioristica. Non è un compito
facile cambiare un Paese, certamente ci vuole il dialogo dentro il
partito e dentro la maggioranza, e credo che sia stato dimostrato su
tutti i passaggi più impegnativi, ma il nostro sforzo sarà più
proficuo partendo dai risultati che abbiamo raggiunto, per certi
versi straordinari, dal Jobs Act alla legge elettorale, da come
stiamo investendo sulla Pubblica amministrazione e sul fisco: il
Paese ci chiede di confrontarci su questi temi e non su dibattiti
proiettati al nostro interno».
Molte delle vostre misure hanno
colpito, e «disamorato», il vostro elettorato. È falso anche
questo?
«Siamo di fronte a una crisi sociale ed economica per
certi versi storica, eppure stiamo realizzando un cambiamento
portentoso, dimostrando che la politica può e sa decidere, prima
condizione per contrastare le derive populiste e dell’antipolitica.
Siamo alla guida del governo con il segretario del partito, abbiamo
il gruppo parlamentare più numeroso della storia della Repubblica,
governiamo in 17 Regioni e migliaia di Comuni, siamo il più grande
partito della sinistra europea. Il tema non è che non è ammessa la
critica ma che qualcuno si dimentica dei risultati: vanno
interpretati alla luce della responsabilità che abbiamo verso gli
italiani».
Non mi ha risposto.
«Insomma, il tema non è
capire se i nostri provvedimenti sono di sinistra o meno come dice
D’Alema, il punto è se siamo capaci di fare riforme che servono
all’Italia. Gli 80 euro non sono di sinistra? Una riforma del
mercato del lavoro che rende più facile trovare un’occupazione
stabile e che riduce il precariato, non è di sinistra? Il problema
non sono le etichette, sono le vere riforme, purtroppo lo sforzo
riformatore del Paese troppo spesso trova ostacoli anche al nostro
interno».
«Garbatamente» D’Alema vi fa anche notare che non
potete andare avanti con i voti di Verdini.
«É un argomento
trito e ritrito, nei fatti non si è mai realizzato. Noi vogliamo
governare e cambiare l’Italia con la nostra maggioranza, a partire
dal Pd. E se su alcuni provvedimenti si aggiungono i voti di altre
forze politiche è solo un bene, essendo riforme di sistema e che
riguardano tutti».
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