Corriere della Sera 08/06/15
Maria Teresa Meli
Grazie all’occhio attento di una
giovane cronista dell’ Huffington Post , che, nonostante l’età,
conosce anche i pezzi dell’antiquariato politico, non è sfuggita
la partecipazione alla convention di Maurizio Landini di Franco
Piperno, classe 43, e Oreste Scalzone, classe 47. Un duo un tempo
assai affiatato (ma anche ora i rapporti sono ottimi). Anzi, per amor
di precisione, all’epoca a cui ci si riferisce, Piperno e Scalzone
componevano con Toni Negri un trio. Insieme fondarono Potere operaio.
Insieme, come equilibristi non molto saldi sulle gambe si
inerpicarono su quel filo che divideva le Brigate rosse dai movimenti
di sinistra che non disdegnavano le spranghe, i roghi e le pistole.
Poi c’è stata la galera, la fuga in Francia, ci sono stati i
libri, le dichiarazioni e infine il semi-oblio. Scalzone è tornato a
farsi vivo di recente. Con le lotte di Pomigliano d’Arco, tanto
care a Landini. Piperno è rimasto più defilato. Ma nel 2011 ha
scatenato una notevole polemica, quando, nel decimo anniversario
dell’attentato alle Torri gemelle, ha definito quel gesto un
«evento dalla bellezza sublime», «compiuto da un pugno di audaci
intellettuali». Per quell’atto provava «ammirazione», per quanto
(bontà sua) «non scevra da raccapriccio». L’altro giorno Renzi —
che Landini si è scelto come l’avversario perfetto — criticava
quella sinistra che è convinta che «il passato sia stata la pagina
più bella» ed è invece preoccupata del futuro (il riferimento alla
Coalizione sociale era voluto e non casuale). Ma il premier è
giovane. Aveva solo tre anni quando Piperno nel ‘78 esaltava la
«geometrica potenza dispiegata dalle Brigate rosse a via Fani».
Quella era una brutta pagina del passato. E la sinistra la ricorda
come tale. Insieme ad altre, che a guardarle adesso, un po’
ingiallite e un po’ sgualcite, incarnate da uomini che cercano
un’ennesima nuova vita, in fondo sempre uguale a se stessa, nella
Coalizione sociale, non fanno paura: diffondono solo un’infinita
mestizia. Sono come la pagine di quei racconti che ti mettono il
magone e che preferiresti chiudere di scatto e non prendere mai più
in mano. Chissà se Landini in cuor suo ha dato peso o no a quelle
due presenze. Chissà se ha capito che per averla vinta sullo
«storytelling» renziano è meglio perdere qualche compagno di
strada
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