Italia Oggi 12 giugno 2015
Lunedì scorso, chiamato a Sky a
commentare la direzione del Pd, Claudio Velardi, ondeggiava sulla
poltroncina assegnatagli in un crescendo di indignazione per le
dichiarazioni che il dalemiano Alfredo D'Attorre andava facendo, in
aperta critica a Matteo Renzi. Lui, che fu dalemiano, tanto da essere
uno dei collaboratori di Massimo D'Alema a Palazzo Chigi,15 anni
dopo, perde la pazienza per il tatticismo della sinistra dem, che
cerca di capitalizzare il mezzo passo falso del premier alle
regionali.
Tanto da tuittare indignato,
all'indirizzo del segretario Pd: «Ma chi cazzo te lo fa fare di
sprecare energie con questi qui? Vattene a dormire, domani devi
lavorare».
Velardi, tutti contro Renzi.
Il punto è che stanno
venendo avanti le conseguenze dell'unico errore che Renzi ha fatto in
questo anno e mezzo di governo.
Vale a dire?
La rottura del Patto del Nazareno, con
l'elezione di Sergio Mattarella.
Lei lo sostenne, anche all'epoca, un
po' in controtendenza, essendo considerata, quell'elezione, un
capolavoro del premier.
E invece fu un errore. È cambiato il
clima, si è creato un diverso ecoambiente nella politica italiana.
Nel 2014, alle europee, Renzi fece il pieno di consensi, fondando su
quel risultato tutta la sua azione successiva.
E vinse grazie a quell'accordo.
Quell'accordo era, per molti, la
garanzia che non ci sarebbe stato un scivolamento a sinistra di
Renzi. Su di lui si coagulò infatti il consenso di quegli Italiani a
cui fa schifo una certa sinistra.
E cioè?
Cioè quella sinistra che non ama la
società in cui vive, rancorosoa, mossa dall'invidia sociale, amante
delle burocrazie, pronta a brandire i diritti acquisiti. Insomma
tutti quei sentimenti che sono nemici del futuro e che albergano
prevalentemente nella sinistra più conservatrice. In più,
quell'accordo realizzava un'altra condizioni interessante: Silvio
Berlusconi era scomparso, non contava più: zero.
Invece, ora è tornato?
Non solo è tornato sulla scena ma
Renzi s'è ripiegato nel dibattitto interno alla sinistra stesso.
Guardi quello che le sto dicendo si è visto molto bene in Veneto.
Anche se tutti dicono che il problema è
stato la candidatura sbagliata.
Sì, Alessandra Moretti era debole, ma
il Veneto, una terra che da sempre detesta quella certa sinistra,
alle europee aveva dato a Renzi il 40%, perché vedeva in lui la
possibilità di un rinnovamento e il suo essere contro quella pezzo
d'Italia. Era disposto a perdonargli persino quel suo dirsi di
sinistra: «Vabbè, fai la parte, ma noi ti votiamo lo stesso».
Ora il Cavaliere si è rafforzato.
Intendiamoci, un rafforzamento
relativo, ma che permette a tutte le anime sparse del centrodestra di
cacciare la testa fuori. Certi voti al Senato, sono figli di questo
stato d'animo.
Quei movimenti centristi che hanno
mandato sotto l'esecutivo...
Esatto. Prima che succedeva?
Come
cacciavano la testa fuori, lui gli assestava un ceffone e quelli si
riaccucciavano subito. Ora avvertono il cambiamento di clima e
riapriranno la competizione.
Con quali conseguenze?
Quel mondo refrattario a ogni idea di
cambiamento che le ho descritto prima, quel pezzo d'Italia impaurita
trova oggi trova protezione nella magistratura, che difende se
stessa, i suoi privilegi, ma anche i vecchi assetti sociali e di
potere. Lei mi trovi una sola presa di posizione della magistratura
che affronti in maniera seria il mondo che cambia: da Uber alla
pensioni, difendono sempre il vecchio status quo.
Intendeva dire sentenze?
No, di sentenze se ne fanno molto
poche, come sappiamo bene. Mi riferivo proprio alle prese di
posizioni, di singoli magistrati o di associazioni.
Già ma loro applicano le leggi.
La magistratura lavora sulle norme ma
le leggi si interpretano, si vivono nel mondo che cambia. Se il mondo
diventa digitale, non puoi fare le cose che fai con Uber. Se c'è una
crisi economica come quella attuale, non puoi intervenire come fa la
Consulta sulle pensioni.
Ma poi intervengono anche sulla
corruzione e il malaffare.
E tornano a diventare di nuovo i
paladini dei cittadini. Renzi è l'opposto. Nasce come avversario
delle rendite e del vecchio. Per questo ora gli sono di nuovo tutti
contro.
In effetti, anche fra le righe della
vicenda romana, si può leggere una marcata avversione a Renzi.
Il risultato elettorale e l'inchiesta
romana hanno dato l'idea ai suoi molti nemici, che Renzi possa anche
cadere. Anzi, Ignazio Marino non c'entra ormai più nulla: far cadere
Roma, oggi, potrebbe voler dire dare un grande scossone al premier.
Per questo la manifestazione di Roma dell'altro giorno, con i
grillini insieme a Casapound a chiedere lo scioglimento del Comune,
ha riunificato idealmente tutti gli avversari di Renzi, dai
giornaloni, alla Cassa depositi e prestiti, alla magistratura.
E Renzi cosa può fare, Velardi?
Parrebbe poter imbarcare in maggioranza i post-nazareni di Dennis
Verdini.
Sì ma Verdini può servire a non far
cadere il governo ma con lui non si fanno accordi di sistema come
poteva essere con Berlusconi. Guardi, si fa prima a vedere cosa Renzi
non possa fare.
Diciamolo.
Non può più minacciare lo
scioglimento delle Camere. Se lo minaccia ancora, sarà considerato
un debole. Se lo deve fare, lo faccia.
Anche col Consultellum?
Anche con questo Porcellum rivisto che
abbiamo. Ma non mi parrebbe la soluzione.
E investire sul Pd?
Certo. Ma non ci crede, come tutti i
politici di razza sa che il partito è un giochetto di natura
organizzativa, ci conta poco. Certo, ci vorrebbe un partito più
aggressivo.
E invece?
I suoi dirigenti sono sempre un passo
indietro, un po' paraculi, mi permetta, un po' opportunisti. Renzi se
la prende coi magistrati, con la burocrazia, coi sindacati e,
l'indomani, arriva un abatino dei suoi a dire che va
contestualizzato, che c'è da capire, che non voleva dire proprio
così. Qualcuno che rallenta e frena.
Cosa occorrerebbe?
L'esatto contrario. Una pattuglia di
gladiatori, gente coi coglioni, mi scusi ancora.
Si figuri...
Gente come Roberto Giachetti. Ma che ce
ne vorrebbero dieci. Insomma, lui è il capo del Governo, non può
sempre star lì a tirar mazzate, non può essere sempre e
continuamente il Rottamatore. Dovrebbero essere loro all'attacco, un
passo avanti. Gli insegnanti protestano? Loro gli rispondono per le
rime, duramente. Dando a lui la possibilità, semmai, di
riequilibrare, di smussare, di mediare.
E cos'altro ancora?
Accelerare con le riforme. Faccia
qualcosa davvero di rottura sulla giustizia. Non si illuda di mediare
sulla scuola: la peggior sinistra alberga lì, in quel mondo. Come è
illusorio inseguire Matteo Salvini sugli immigrati.
E cioè?
E cioè Renzi, su un problema come
quello, enorme e drammatico, come diceva in questi giorni anche il
Financial Times, e che evidentemente non si risolve con le
sciocchezze che dice il leader leghista, Renzi, dicevo, deve andare
oltre: essere di sinistra sugli immigrati e essere di destra sulla
sicurezza dei cittadini.
Opzione difficile.
Certo, ma un tempo il renzismo offriva
spunti sempre originali. E invece, spesso, come fa un certo Pd, viene
spinto, su questi temi, verso posizioni scontate: «Noi siamo dalla
parte degli immigrati».
Correttivi alla comunicazione, come ha
detto lui stesso nella direzione di lunedì scorso.
Correttivi significativi, anche se il
renzismo non può essere sempre una marcia trionfale: se vuol essere
una rivoluzione, qualche contrasto, anche duro, lo deve trovare.
Correttivi da prendere in fretta, perché se i ballottaggi andassero
male, domenica, la situazione peggiorerebbe.
Lei è pessimista su Venezia, l'ha
scritto in un tweet.
Con un candidato come Felice Casson
sono quasi certo che perderà. E può darsi che perda a Matera, così
come Arezzo è in bilico. Se dovesse succedere, quell'ecoambiente di
cui parlavo prima potrebbe allargarsi, quel clima potrebbe diventare
più pesante.
La cosa si fa urgente.
Gli occorre una nuova classe dirigente
per far fronte all'ondata propagandista di tutti suoi avversari uniti
assieme.
Lei l'altro giorno, gli suggeriva Maria
Elena Boschi come guida del partito.
Ha dimostrato assolute capacità di
governo, mediazione, carisma. E in un partito sfasciato come il Pd,
quello serve: il carisma. Uno che deve andare mettere ordine a Napoli
e in Sicilia deve essere carismatico. Un Lorenzo Guerini non può
bastare.
E la ministra delle Riforme basterebbe?
Almeno con lei davanti, quelli non si
metterebbero le mani nel naso. Per dire insomma, cosa l'aspetta in
periferia.
L'altro giorno Peppino Caldarola
suggeriva Andrea Orlando, che sarebbe un modo di dare un segnale
anche alla sinistra interna.
Guardi, quello è l'unico motivo per
cui il ministro della Giustizia non andrebbe bene, per il resto sono
d'accordo: è giovane, preparato, intelligente ed è sempre stato
leale con Renzi. Insomma ci vogliano figure che abbiano un profilo
loro, che sappiano stare un passo avanti, con un chiaro mandato.
L'alternativa?
L'alternativa sarebbe sbaraccarlo del
tutto, questo partito. Ma non si può fare, è pur sempre il luogo
dove si fanno le liste e altre liturgie. E allora lo utilizzi, questo
Pd.
Insomma non più Renzi, come «one man
show»?
Lui è anche un po' stanco e la fase
eroica dell'assalto ai palazzi del potere è finita. Deve cominciare
a dialogare e, per governare, deve creare un struttura, con più
poli, e il partito può essere uno di questi, a certe condizioni.
Un Pd rottamatore?
Un Pd più rottamatore di Renzi, il
Rottamatore.
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