Saranno aperte come nelle precedenti occasioni, oltre tutto non ci
sono nemmeno i numeri per cambiare le regole né in direzione né in
assemblea nazionale. E Renzi è lì
Nei giorni scorsi, uno dopo l’altro – con la vistosa eccezione
di Bersani – tutti i big del Pd si sono pronunciati per le primarie
aperte. Aperte a tutti quei cittadini (meglio se anche ai sedicenni) che
con maggiore o minore intensità ritengono che il Pd sia il partito cui
puntare e il cui leader possa competere per la guida del governo. Né più
né meno di quello che abbiamo vissuto nel 2007 e nel 2009, le due
precedenti primarie per la leadership del Pd.
La commissione per le regole alla fine deciderà per la strada più
ragionevole. Niente “albi”, niente obbligo di iscriversi al partito,
niente registrazioni.
Guglielmo Epifani ha tenuto sinora una posizione di mediazione,
attento alle ragioni di Bersani, ma è probabile che stia vivendo questa
discussione con un crescente disagio, e c’è da capirlo. Si rende conto
che non ci sono nemmeno i numeri (in direzione o in assemblea nazionale)
per cambiare statuto e regole. E anche da Bersani a questo punto ci si
aspetta più una battaglia sui contenuti che non sulle procedure, perché
anche solo dare l’impressione di arzigogolare per complicare la vita di
Matteo Renzi non rende un buon servizio a lui per primo.
Ci vorranno dunque più candidati, più documenti, un congresso non
spezzato fra fase centrale e fase locale per dare l’idea di un grande
appuntamento nazionale.
Al massimo si potrà “ammorbidire” l’automatismo fra leader e
candidato premier. Ma sarebbe (sarà) una modifica che non muterebbe la
sostanza: il numero uno del Pd correrà per palazzo Chigi.
Renzi vuole vedere il tutto nero su bianco, giustamente, ma se le
cose stanno così non dovrebbe più avere remore nel decidere di scendere
in campo. Forse un po’ frettolosamente, Scalfari ha scritto che
scioglierà la riserva il primo luglio: magari sarà più verso la fine del
mese ma, anche qui, la sostanza non cambia.
Il suo dubbio sulla possibilità reale di conquistare le “truppe” deve
tenere conto che il corpo del partito si sta abituando all’idea della
sua leadership. E che le correnti interne a lui ostili perdono terreno e
personalità, e infatti il clima interno è meno nevrotico. La strada
ormai è aperta.
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