Le elezioni amministrative nell'isola restituiscono un quadro
politico frammentato. Il centrosinistra vince solo dove prova a
rinnovarsi, come a Siracusa. Il successo di Federico Piccitto nel
capoluogo ibleo ha poco a che vedere con il presidio di Beppe Grillo in
città
Se il Pdl perde, il centrosinistra non sfonda. La Sicilia ferma l’onda favorevole, che era sembrata montare anche dopo il successo al primo turno di Enzo Bianco a Catania.
Nell’isola è ancora il disorientamento a dominare il quadro politico,
come dimostrano l’alto tasso di astensione ai ballottaggi di ieri e
domenica (ha votato solo il 46,2 per cento degli aventi diritto) e la
difficoltà a indicare un vincitore chiaro della tornata elettorale.
Difficile per Grillo intestarsi il successo di Federico Piccitto a
Ragusa, per motivi che vedremo. Impossibile per chiunque saltare sul
carro del vincitore a Messina, con il pacifista anti-ponte Renato
Accorinti. L’unica indicazione politicamente spendibile è quella
ottenuta dal Pd a Siracusa, con Giancarlo Garozzo che riporta il
centrosinistra sulla poltrona di primo cittadino, come non si vedeva
ormai dal 1999.
Ma anche in quel caso, a vincere è un Pd che già si allontana dagli
equilibri interni in vigore finora e che guarda esplicitamente a Matteo
Renzi. Il quale, peraltro, incassa un en plein per i candidati isolani a lui vicini:
oltre al nuovo sindaco aretuseo, anche quelli di Comiso, Filippo
Spataro, e di Aci Sant’Antonio, Santo Caruso. Ben tre sui cinque del
centrosinistra eletti ieri (vanno aggiunti Biancavilla e Scordia),
mentre il centrodestra si ferma a quota quattro (Palma di Montechiaro,
Adrano, Giarre e Mascalucia), tre sono espressione di liste civiche
(oltre a Messina, Belpasso e Rosolini), due dell’Udc (Piazza Armerina e
Modica) e uno del Megafono del governatore Crocetta (Partinico).
Chiude l’elenco Ragusa. Come detto, parlare di vittoria “politica”
del M5S qui è difficile. La lista è precipitata dai 16.586 voti per la
camera dei deputati a febbraio ai 3.411 del primo turno (4.732 per il
candidato sindaco); in vista del ballottaggio, la linea del “no alle
alleanze” fin qui professata da Grillo è stata clamorosamente smentita
da un accordo (ma senza apparentamento) con Sel, Idv e una lista civica;
lo stesso sindaco Piccitto, poi, si attesta su una linea “moderata”
interna al Movimento, che lo ha portato – ad esempio – a non disdegnare
in campagna elettorale le presenze televisive, che in altri contesti
hanno portato perfino all’espulsione di parlamentari. Il presidio di
Grillo in città la settimana scorsa, insomma, c’entra poco con la
vittoria.
A Ragusa come a Messina, la sconfitta del centrosinistra è arrivata
dopo clamorosi autogol, con conseguenti divisioni interne. Nel capoluogo
ibleo, è stata un’ambigua alleanza con i protagonisti della giunta di centrodestra uscente
(il candidato Cosentini ne era il vicesindaco, ex cuffariano) a segnare
il fallimento della coalizione (appena il 29,3 per cento ottenuto
ieri). Sullo Stretto, invece, Felice Calabrò – vincitore delle primarie –
è apparso troppo legato alla catena di comando locale guidata dal
deputato dem Francantonio Genovese, 20mila preferenze alle parlamentarie
di dicembre e controllo più o meno diretto di numerose agenzie di
formazione professionale finanziate dalla regione.
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