Mario Gorlani
Dopo mesi di delusioni e di disorientamento, finalmente possiamo commentare un risultato elettorale positivo che, come scrive Alfredo Bazoli nel suo blog, ci fa riscoprire “il piacere di avvertire una speranza concretizzarsi”.
La sorpresa dei risultati alimenta però, al tempo stesso, la sensazione che comincino a mancarci chiavi di lettura sicure per interpretare, e quindi per prevedere, i fenomeni politici: in pochi mesi, infatti, siamo passati dal trionfalismo delle primarie, alla delusione delle elezioni politiche e regionali, allo sbandamento dei primi mesi di legislatura e dell’elezione del Capo dello Stato, alla crisi di identità generata dal governo di larghe intese, infine al sollievo delle elezioni amministrative, senza davvero comprendere cosa stesse succedendo, e perché.
Per le elezioni amministrative continuano probabilmente ad essere vere alcune ragioni tradizionali che spiegano le migliori performance del centro-sinistra: a livello amministrativo la coalizione può vantare un personale più qualificato e competente; il Partito Democratico dispone di un’organizzazione territoriale in grado di gestire meglio questo tipo di elezioni; il voto politico è, per contro, terreno più insidioso per il centro-sinistra, nel quale la coalizione sconta antiche diffidenze e trascina con sé retaggi culturali e ideologici ormai decisamente superati.
Ma queste stesse ragioni, a fronte di un crescente
astensionismo che anche il PD fa sempre più fatica ad arginare,
rischiano, se non di lasciare il tempo che trovano, di dover essere
riverificate, ogni volta e in ogni contesto, perché la crisi, il
disagio e la protesta prendono le forme ora del “non-voto”, ora
del “grillismo”, ora delle liste civiche, del populismo, ecc…;
e non sempre si riesce ad offrire risposte efficaci e tempestive,
come il voto nazionale e regionale dimostrano.
* * *
Visto l’esito amministrativo, è naturale porsi una domanda: c’è un modo per vincere anche a livello nazionale e di esportare questo modello vincente anche alle elezioni politiche?
Sistema elettorale a parte – che, naturalmente,
contribuisce molto alla chiarezza del risultato e che copre, con
l’elezione diretta, il sistema a doppio turno e il premio di
maggioranza, eventuali debolezze politiche del vincitore – mi pare
che la vicenda di Brescia e la campagna elettorale di Emilio Del Bono
offrano in proposito interessanti spunti di riflessioni.
Innanzitutto, è stato premiato un lavoro specifico
e analitico su temi molto concreti, com’è connaturato ad
un’elezione amministrativa, ma come forse si sarebbe dovuto fare
anche a livello nazionale, nel quale abbiamo assistito invece ad una
campagna elettorale fiacca, priva di temi forti, di elaborazione di
soluzioni da proporre ai cittadini, di elementi identitari
convincenti.
In secondo luogo, è stato premiato il
coinvolgimento di moltissime persone, quasi sempre in modo del tutto
disinteressato, che hanno dato vita a incontri, gruppi tematici,
iniziative di vario genere, e che ha contribuito in modo determinante
a cancellare e rovesciare l’impressione iniziale di una
designazione verticistica e ristretta del candidato.
Per una volta tanto, non si è trasmessa l’immagine
di una campagna elettorale autorefenziale e interna al Partito
Democratico – che fosse cioè solo una battaglia di potere e di
poltrone – ma invece aperta, dialogante, incalzante e sintonizzata
sui temi sensibili per la cittadinanza.
Ovviamente è più facile agire in questo modo
partendo dall’opposizione; ma si può dire che proprio qui sta la
scommessa: rimanere sempre, anche al governo, un po’
all’opposizione di noi stessi, per poter guardare alla politica con
gli occhi della gente e non farsi sorprendere di nuovo da un Grillo
che compare all’improvviso per dar voce ad un disagio tanto
profondo quanto poco avvertito, dallo stesso PD, prima della chiusura
delle urne.
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