La lettera al CORRIERE
di ROMANO PRODI
Caro direttore,
vorrei rispondere ai tanti riferimenti che, anche sul vostro giornale, sono apparsi riguardo a mie presunte posizioni relative alla vita interna del Partito Democratico e al mio possibile sostegno a questo o quel protagonista. Ribadisco che ho definitivamente lasciato la vita politica italiana. Ad essa riconosco di avermi concesso esperienze fondamentali e non poche soddisfazioni personali, che spero abbiano offerto un positivo contributo al Paese.
vorrei rispondere ai tanti riferimenti che, anche sul vostro giornale, sono apparsi riguardo a mie presunte posizioni relative alla vita interna del Partito Democratico e al mio possibile sostegno a questo o quel protagonista. Ribadisco che ho definitivamente lasciato la vita politica italiana. Ad essa riconosco di avermi concesso esperienze fondamentali e non poche soddisfazioni personali, che spero abbiano offerto un positivo contributo al Paese.
Ho affrontato due sfide importanti, battendo un opponente politico
che ritenevo e ritengo non idoneo al governo del Paese. Da parte mia ho
cercato di portare avanti una cultura politica moderna e solidale di cui
l'Italia ha molto bisogno. Una battaglia non solo politica, ma etica e
culturale. Credo che questi stessi obiettivi abbiano oggi bisogno di
nuovi interpreti anche se, nel corso dei due periodi del governo da me
presieduto, ci si è a essi avvicinati senza danneggiare, ma anzi
migliorando sensibilmente il prestigio internazionale e la situazione
debitoria del Paese.
Le aggiungo che riguardo al Pd conservo non solo un senso di
gratitudine, ma anche numerose e salde amicizie. Tuttavia in politica,
come nello sport e forse in ogni attività, è preferibile scegliere il
momento in cui finire il proprio lavoro, prima che questo momento venga
deciso da altri o da eventi esterni. Questi sono anche i motivi per cui
senza polemiche ho tralasciato di ritirare la tessera del Pd, il cui
rinnovamento e rafforzamento sono tuttavia essenziali al futuro della
nostra democrazia. Al vostro cortese giornalista che mi chiedeva se
parteggiassi per l'uno o per l'altro dei potenziali candidati al
congresso ho risposto semplicemente «my game is over» che, tradotto in
italiano, significa che la mia gara è finita. Una gara riguardo alla
quale posso elencare tante sfide vittoriose, tra le quali non mi fa
certo dispiacere ricordare le due elezioni politiche nazionali del 1996 e
del 2006.
Riflettendo su tutto ciò voglio infine augurarmi che, anche chi è
stato sconfitto nei due confronti diretti, possa meditare sul fatto che
non dovrebbe essere solo la mia gara a una fine. Ora la saluto, perché
sto partendo per New York dove dovrò discutere di fronte al Consiglio di
sicurezza delle Nazioni Uniti i progetti per lo sviluppo del Sahel.
Perché, come Lei sa, gli esami non finiscono mai.
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