lunedì 18 gennaio 2016

Quando il sindacato non capisce l’Italia. Il no di Camusso alle misure anti-fannulloni


Mario Lavia
L'Unità 18 gennaio 2016
Per la leader della Cgil “le norme ci sono già”
Soprattutto i giovani – specie i tanti, troppi, che sono alla ricerca di un posto di lavoro – hanno ragione a prendersela con i più grandi che un’occupazione ce l’hanno ma la disonorano timbrando il cartellino e andandosene per i fatti loro. Soprattutto i giovani, ma non solo loro. Anche i colleghi (la maggioranza) dei fannulloni: tocca a loro, magari, sbrigare il lavoro del disonesto che si assenta con la frode.
Dovrebbe essere l’occasione, per il sindacato, di inserirsi in questa scia e rappresentare davvero la giusta protesta dei giovani che sono fuori dal mercato del lavoro e dei dipendenti onesti. Invece no. Meglio scavare l’ennesimo fossato con il governo Renzi che si appresta, mercoledì, a varare le norme anti-assenteisti per sanzionare più efficacemente “quelli che timbrano e scappano” come ha detto Marianna Madia.
Sembra un copione già scritto: ogni intervento del governo sul lavoro, per Corso d’Italia, o è sbagliato o è superfluo. Secondo Susanna Camusso, in questo caso è superfluo: “Le regole per licenziare i cosiddetti fannulloni – ha spiegato la segretaria Cgil – ci sono già: mi piacerebbe che il governo dicesse perché non funzionano. Sennò, è una campagna, si chiama propaganda”.
Dovrebbe essere abbastanza evidente che se non funzionano, quelle norme vanno cambiate. Certo si può discutere sul “come” cambiarle ma è difficile teorizzare che la situazione va lasciata com’è.
Invece la leader della Cgil vede il rischio di “inventare una campagna che faccia sembrare che i 3 milioni di lavoratori del pubblico impiego siano tutti nulla facenti, dei truffatori dello Stato: così si fa del male”.
Una campagna? Forse sì, ma una campagna di civiltà, di sinistra.
A Camusso è stato chiesto se i fannulloni vanno puniti. “Lo abbiamo detto in tutte le salse – ha sottolineato – lo abbiamo detto per Roma la prima volta, lo abbiamo detto per San Remo, lo abbiamo detto ancora per Roma”, riferendosi ai vari casi emersi negli ultimi mesi. “Così come ho detto con altrettanta nettezza che se in un Comune il 50% delle persone non va a lavorare, è un problema in più”.
Meglio non cambiare nulla, tanto “le norme ci sono già”. E’ una posizione riformatrice, innovativa, coraggiosa? O sa invece di retroguardia, di conservazione, di immobilismo? La risposta, obiettivamente, non è difficile. Ma il problema è che per la Cgil anche questa rischia di essere un’altra occasione perduta. Altro che propaganda.

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