venerdì 29 gennaio 2016

DEMOCRATICI PER SCELTA…NON PER COMODITA’


Francesco Tiboni
29 gennaio 2015
Accade che in un paese come l’Italia, mentre ci si accalora dibattendo su principi negoziabili e non, confini sigillabili e non, statue presentabili e non, lento ed inarrestabile un principio cominci ad insinuarsi, infine, nell’anima dell’elettore medio. Un principio cui noi, democratici per scelta, e non per comodità, decidemmo di rinunciare quando, con la nascita del partito del miracolo servito a priori, non imboccammo la strada della libertà infiocchettata ad arte, servita su piatti silver plated in feste popolate di silicone. Al contrario: decidemmo di affrontare anni di gavetta e sudore, lacrime e rabbia, per poter cambiare le cose.
E allora ripartiamo da qui, per una volta. Senza pregiudizi di sorta.
L’elettore medio, il cui numero è in drastico ed inarrestabile calo dall’inizio della seconda repubblica, oggi più che mai è al centro del pensiero di governo. E siccome l’elettore medio è palesemente schierato e quanto mai sensibile alla realtà tratteggiata dai sondaggisti, tre sono le regole che la politica si è data. Prima regola: non svegliare il potenziale ri-elettore assopito, perché potrebbe non essere un ultras schierato. Seconda regola: trasformare ogni confronto in una battaglia uno contro uno, sempre con avversari diversi, come fossimo in un girone calcistico all’italiana. Terza regola: negoziare su tutto il negoziabile, basta che sia utile.
Chi come me, come molti di noi, ha creduto e crede in questo momento politico come l’unico momento in grado di dare una sterzata al nostro belpaese, non può però starsene lì zitto, ad ascoltare e tacere sempre, su tutto. Non può nemmeno lasciare la parola solo ai maitres-à-penser di prima e seconda generazione. Perché così come abbiamo parlato quando tutto questo era da costruire, prendendo schiaffi e sberleffi, allora forse anche oggi qualcosa dovremmo dire.
E allora proviamo a dire qualcosa su queste nuove e drammatiche regole del gioco. Perché io non mi voglio svegliare tra due anni con un miracolo italiano infiocchettato e travestito da successo progressista.
Primo: basta alla paura di svegliare il ri-elettore. Perché a noi democratici non è mai piaciuto vincere facile. Siamo mediani di spinta, persone che lottano sempre e sudano. E che faticano per quello in cui credono. Ma che un avversario lo temono, lo rispettano, possono forse arrivare ad odiarlo, ma, soprattutto: lo vogliono. Perché se tutti siamo d’accordo i casi sono due: o siamo rimasti in troppo pochi, o le cose su cui ci confrontiamo sono davvero cose da poco.
Secondo: basta con questo continuo cambio di prospettiva. Quando sognavamo un orizzonte democratico, pensavamo a qualcosa di complesso e difficile, talmente difficile da essere quasi caotico e per questo geniale. Non sognavamo una cosa informe, in grado di cambiare faccia ogni minuto per assecondare l’avversario di comodo del momento.
Terzo: basta con questo utilitarismo. Noi siamo sempre stati democratici per scelta. Anche quando significava scegliere di perdere. Oggi non possiamo pensare di essere quelli che negoziano l’idea del matrimonio quando appare vantaggioso compiacere l’Europa dei presunti migliori perché amici del progresso, l’idea della cultura occidentale quando appare vantaggioso compiacere l’Iran o l’agnosticismo mascherato di intellettualità, l’idea della difesa dei confini quando appare vantaggioso compiacere l’Isis piuttosto che le destre xenofobe.
Noi, nostro malgrado, cattolici o no, crediamo da sempre che la libertà sia una scelta. Dolorosa, ma indispensabile. Sempre utile, ma non utilitaristica. Qualcuno di noi la chiama partecipazione, qualcuno dibattito. Ma non diciamoci che alla fine tutto va bene, l’importante è che si resti al potere. Non diciamoci che in fondo non ci sono principi negoziabili, perché le regole chiedono negoziati. Abbiamo troppo spesso condannato chi ha immolato l’idea di libertà sull’altare del liberismo. Ora non facciamolo noi su quello dell’utilitarismo. Diciamo basta alla Democrazia della Compiacenza. Perché noi siamo Democratici per Scelta, non per Comodità.

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