lunedì 18 maggio 2015

Sui social la voce dei prof che vogliono la riforma “Merito e assunzioni ecco perché a noi piace”


CORRADO ZUNINO
La Repubblica 17 maggio 2015
Sono minoritari nel grande mare della contestazione docente, sono determinati nel sostenere la Buona scuola renziana. C’è un gruppo — minoritario, appunto, ma ostinato — che via Twitter e Facebook sta cercando di bucare il video per spiegare che il “no” alla riforma non rappresenta «la voce unitaria e corale del mondo della scuola». Sarà prevalente, ma non è la sola: «Noi siamo più defilati e meno rumorosi». La minoranza ha scelto di mostrarsi e platealmente applaudire «le novità didattiche che si trovano nel provvedimento del governo ». Quindi, ha iniziato a far circolare il suo testo-manifesto, “A un passo dalla giusta Riforma”.
I firmatari dell’articolo cardine sono due insegnanti delle medie, quattro delle superiori e un preside radunati attorno al gruppo Twitter #HubDocet, che ospita docenti precari e di ruolo, nonché «numerose personalità della scena culturale e politica in comunione d’intenti». Altri gruppi social si radunano attorno a questo pensiero, e spesso sono solo categorie di insegnanti che il disegno di legge assumerà a settimane: “#gaeinruolo”, “Superamento immediato del precariato Gae della scuola”, “Ora Basta!!! #vogliamosapere”, “#iononsciopero”, “#ballespaziali” e, ancora, “#labuonascuola”.
I favorevoli smitizzano, in principio, uno dei pensieri forti dei contestatori: «Noi abbiamo partecipato sin dalle prime battute alla consultazione online, i detrattori chiedono adesso un confronto, ma per mesi non hanno risposto all’appello del governo». I “pro” hanno offerto contributi intervenendo come singoli docenti, come scuole di appartenenza, come partito politico di militanza e ora auspicano che il provvedimento diventi legge «al più presto». Cos’è che, allora, piace del ddl 2294 ai docenti che non hanno scioperato il 5 maggio? Innanzitutto, «rafforza la cultura della responsabilità, della valutazione, della trasparenza e del merito». Poi realizza l’incompiuta autonomia scolastica. Il primo imperativo categorico dell’istruzione, dicono, è «cambiare l’impianto educativo alle radici superando il dominio della trasmissione esclusiva e spostando l’accento sull’apprendimento e le nuove metodologie».
Gli Hub docet, la comunità che insegna, sostengono il Piano straordinario di assunzioni (101.701 in ruolo) e i 3 miliardi messi in legge di stabilità, ma anche i poteri del preside, «bilanciati con una valutazione rigorosa del suo operato », e la formazione «finalmente obbligatoria ». Chi continua a manifestare è «rivolto al passato e alla vocazione del nulla cambi» in nome di un «immobilismo militante». I filo-riforma non si risparmiano sul tema più conflittuale: le assunzioni. E definiscono corretta e costituzionale «la scelta di non contemplare nel piano la seconda e la terza fascia delle graduatorie di istituto, da sempre destinate alle supplenze temporanee brevi». Per loro ci sarà «l’esperienza del concorso 2015».
Tra gli animatori del pensiero favorevole — che cita Jean Monnet ma anche Renato Brunetta — c’è il professor Maurizio Nastasi, da 16 anni docente di Storia dell’arte a Torino e provincia. Nei suoi tweet pubblica torte di sondaggi che dicono che il sindacato non rappresenta più i lavoratori e gli interventi della deputata renziana Simona Malpezzi. Nicola Morello è docente, pianista, poeta. Fabrizio Toneatto scrive: «Chi racconta balle sono quelli di seconda fascia che non vogliono far assumere i meritevoli delle graduatorie a esaurimento». Vincenzo Terramagra così si presenta: «Potete chiamarmi Professor Keating... Oh Capitano! Mio Capitano!». Tutti dicono: «Il merito non è il privilegio dei ricchi, ma la carta che hanno i poveri per riscattarsi».

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