lunedì 4 maggio 2015

Serracchiani: il Senato? Non è merce di scambio ma valutiamo proposte.


Corriere della Sera 03/05/15
Marco Galluzzo
«Ritengo che tutte le critiche siano legittime, ma questo passaggio dimostra che il Pd è un partito che decide, che ha cultura di governo, pienamente consapevole della responsabilità che si porta dietro. E questo vale anche per coloro che non hanno votato la fiducia. Penso che sia possibile ritrovare una sintesi politica, un equilibrio, del resto il partito è continuamente dipinto come sul punto di sciogliersi o di esplodere, ma è una raffigurazione che alla prova dei fatti si è sempre rivelata quantomeno esagerata». 

Debora Serracchiani, vicesegretario del Partito democratico, presidente del Friuli-Venezia Giulia, ritiene che la rottura parlamentare dovuta alla legge elettorale sia ricomponibile. O almeno lo auspica. Non la legge come un dramma, ma come un evento persino fisiologico, almeno «nel più grande partito di centrosinistra europeo».

 
Fisiologico, ma denso di polemiche: vi hanno accusato di metodi antidemocratici.

 
«Credo sinceramente che abbiamo fatto tutto il possibile per evitare che accadesse, diversi motivi politici all’interno di un partito possono portare a conclusioni diverse. Non sottovaluto il passaggio, non aver votato la fiducia al proprio governo è un segnale che non va sminuito, ma credo che dovremo tutti lavorare, sia chi ha dato fiducia, sia chi non lo ha fatto per le motivazioni più varie, per ritrovare que di lealtà e coesione che ci viene chiesta innanzitutto dai nostri elettori, un punto di sintesi politica comune».

 
Accelerare e mettere la fiducia, si poteva evitare? 


«Il percorso è stato lungo, non sono d’accordo con chi dice che c’è stata un’accelerazione. Il Paese sta aspettando una legge elettorale da almeno una decina di anni, ci sono stati quindici mesi di discussione su un testo che è stato profondamento modificato, pensiamo alle diverse soglie, per esempio, abbassate anche con il contributo della minoranza».

 
Eppure restano dei dubbi, anche molto forti, sul merito del provvedimento: troppo potere a un solo partito che vince, per esempio.

 
«Ogni italiano ha in mente una sua legge elettorale, almeno coloro che si interessano al tema. Noi abbiamo messo in campo una legge elettorale che in qualche modo corrispondesse alle necessità della governabilità, della stabilità e di aver chiaro il giorno dello spoglio chi ha vinto e chi ha perso, in un contesto nel quale credo siano state superate molte criticità del Porcellum, arrivando a un testo che consentirà una reale alternanza. Il premio di maggioranza alla lista in parte eviterà l’usanza tutta italiana di costruire coalizioni che saltavano puntualmente il giorno dopo il voto. E inoltre dà una grande responsabilità ai partiti politici che tornano ad essere centrali».

 
Ritrovare un equilibrio nel Pd significa correggere la riforma del Senato? 


«Non c’è nessuna merce di scambio con il Senato, la necessità di riforma prosegue, il lavoro è ancora in corso, durerà ancora parecchio tempo. Se ci saranno modifiche o nuove iniziative verranno valutate, c’è sempre stata una disponibilità, se si tratta di migliorare il testo. Poi ovviamente arriva il momento in cui tiri le somme e vai al voto. Dobbiamo anche tener presente che le riforme sono coordinate fra loro, stiamo attuando la riforma Delrio sul superamento delle Province, quella della Pubblica amministrazione. Penso che siamo un partito che nei momenti importanti si ritrova, c’è una consapevolezza che appartiene a tutti, e abbiamo la responsabilità di governare e di non fallire».

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