lunedì 18 maggio 2015

Dieci minuti di applausi per «Mia Madre»

Corriere della Sera del 17/05/15
Valerio Cappelli
La critica internazionale: merita la Palma Moretti commosso: faccio piangere e Nella sala a pochi passi dal casinò, Nanni Moretti ha sbancato Cannes: dieci minuti di applausi hanno accolto Mia Madre . Lui e la protagonista, Margherita Buy, hanno le lacrime agli occhi. Un successo trionfale, anche inatteso, che ha messo d’accordo pubblico e critica. Il film si candida alla Palma d’oro. 
 C’è ancora un’idea di sole quando, mescolata ai locali in costume da bagno, tanta gente in smoking da un’ora tiene tra le dita la richiesta di «une invitation» che non riuscirà mai ad avere, e intanto Nanni accanto alla Buy e a John Turturro sale la celebre scalinata rossa per la proiezione del film. Dalla scarpa lucida si toglie i sassolini, prima di recarsi nella notte alla festa in suo onore: «Sono contento per la forte presenza italiana, ma credo sia ancora il frutto di singoli registi e produttori, non tanto di un clima intorno al cinema, che è sempre molto distratto, sia come fenomeno industriale che artistico. In Italia c’è tanta mestizia e tanta sciatteria. Torni contento per aver visto che tutto questo è possibile ma anche dispiaciuto per come sai che è nel tuo Paese». Sul «caso» interviene il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini: «Ha ragione Moretti, in Italia ci sono stati anni di disattenzione, di scarso interesse per il cinema. Ma le cose ora sono cambiate, e le azioni del governo, penso al tax credit, hanno invertito questa tendenza». 
 Un po’ incompreso (finora è a 3 milioni d’incasso) o compreso di sé, fatto sta che l’accoglienza straniera è piena di stellette, critici entusiasti. Il Sunday Times : «Il miglior film del concorso visto finora»; la tv tedesca ZDF: «Il suo film più riuscito dopo La stanza del figlio per la forza emotiva e la leggerezza»; il Guardian : «Intenso e seduttivo»; la rivista francese Positif : «Potrebbe correre per la Palma d’oro». 
 Qui il regista romano gioca in casa, e mette da parte la ruvida spigolosità. Altro che Catherine Deneuve: «Oui, je suis Nanni Morettì». Qui i media lo chiamano «il patriarca»; qui nel 2001 David Lynch, anche lui in gara, temendolo gli disse: «voglio ammazzarti»; qui ha vinto la Palma d’oro con La stanza del figlio , che racconta le conseguenze di un lutto mentre ora racconta l’attesa di un lutto. 
 Con Cannes ha condiviso tanti capitoli della sua vita. Nanni il francese decide di riservare ai cugini d’Oltralpe un incontro ristretto, e riparla del comico mischiato al tragico, spiega dove comincia la realtà e dove finisce il sogno, si sofferma ancora sul lutto familiare e sul lutto del cinema italiano. 
 Corregge con garbo la moderatrice, l’unica a cui concede un sorriso, «è la settima volta, non la sesta, che sono a Cannes». Dice che in Francia e altrove, «vedono un mio film e basta, non ci sono interferenze d’altro tipo, che in Italia ci sono, per cui si pensa sempre al mio personaggio pubblico o alle mie posizioni politiche, a misurare il tasso di simpatia o antipatia o calore e freddezza verso i giornalisti. In Italia ci sono tanti elementi in più». Ma è lui che costruisce i suoi film su se stesso, spesso gira con un approccio personale la sua autobiografia, e mai come in questo caso, nel disvelarsi della madre morente (Giulia Lazzarini). Margherita Buy recita Nanni, è il suo alter ego nella parte di una regista che gira un film politico («mi piaceva che fosse una donna»), John Turturro interpreta un divo bizzarro. «Non volevo che lei stesse girando un film alla Nanni Moretti, volevo che il suo film fosse solido mentre lei nella vita è insicura su tutto». 
 Nella scena della conferenza stampa, in quel film sulla gente che perde il lavoro, chiedono a Margherita quale sia il compito del cinema. Rivolgono la stessa domanda a Nanni: «Come il personaggio di Margherita, rispondo cose ma sto pensando ad altro, quello che penso glielo dirò al bar, dopo. Il compito è di fare film possibilmente innovatori, che mentre li vediamo non ci facciano dire: ma questo l’ho già visto trecento volte. Non penso ci siano argomenti privilegiati, qualsiasi tema può portare a film brutti o belli». 
 Però anche all’estero spaccano in quattro ogni sua battuta. Quando nel finale del film Margherita chiede a Nanni (che impersona suo fratello, «la persona che vorrei essere nella vita»), a cosa pensi, e lui risponde a domani, non era sua intenzione «pensare al futuro dell’Europa, ma quasi tutte le interpretazioni sono ammesse. Quasi. È un film su ciò che resta qui tra noi, vivi su questa Terra, e ciò che resta delle persone che muoiono. Si ride e si piange? Mah, i miei film hanno entrambi questi aspetti, non è una strategia studiata a tavolino, è il mio modo di raccontare la vita, le persone».


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