Fabrizio Rondolino
L'Unità 23 ottobre 2015
Il Fatto anticipa stralci dell’operetta
del giurista che tende al catastrofismo
Il Fatto prosegue oggi l’interessante
rassegna bibliografica degli apocalittici perfettamente integrati,
aperta ieri con un’anticipazione del nuovo saggio di Marco Revelli
contro Renzi, recensendo l’ultima fatica di Gustavo
Zagrebelsky contro Renzi.
L’operetta, intitolata “Moscacieca”,
è un allegro invito al suicidio di massa: “Contrasti e conflitti
scoppiano qua e là, minacciano esplosioni sempre più grandi e
mirano al cuore del mondo che abbiamo costruito. Il pensiero
vacilla. Il caos inghiotte la comprensione e la volontà si
smarrisce”.
Meno male che c’è Zagrebelsky, il
quale, per nostra fortuna, mantiene la sua proverbiale lucidità
d’analisi e proprio come quei predicatori della fine del mondo che
impazzano sulle tv locali americane denuncia senza timore né
tremore il Demonio: la “forza devastatrice e nichilista” del
denaro che, maledetto sia nei secoli, “ricerca la crescita e
l’accumulazione” e “anche se ateo e nichilista può essere
assimilato ad una religione, con la sua ortodossia di cui la
moneta è il simbolo”.
In attesa di tornare al baratto,
Zagrebelsky punta il dito contro gli ottimisti, di cui il
nostro Renzi è un esempio paradigmatico: “Sembra che
l’assurgere ai posti di governo sia per loro l’appagamento
di un’ambizione che riempiono di allegra spensieratezza e di
retorica felicità fatta di niente, che fluttua per tentare di
durare ancora sempre un giorno di più in attesa della catastrofe,
senza alcun serio, costante, coerente e maturo impegno per un’opera
degna della parola politica”.
Il Gran Sacerdote della Sfiga ha
pronunciato la sua inappellabile sentenza: provare a vivere è
una colpa mortale, una bestemmia contro la religione della
catastrofe, un attentato imperdonabile alla metafisica
onanistica delle rovine.
Professore, dia retta, esca qualche
volta di casa, si faccia una passeggiata, prenda un po’
d’aria fresca, e magari alzi gli occhi al cielo: scoprirà che
è ancora azzurro.
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