Fabrizio Rondolino
L'Unità 5 ottobre 2015
Al Fatto dovrebbero essere contenti
della fine del partito di Berlusconi
“Renzi-Verdini fidanzati in tv: Il
premier e l’ex berlusconiano in stereo suggellano il patto
sulle riforme”, annuncia oggi il Fatto in prima pagina.
Le due interviste di ieri – ad una
nervosa e impaziente Lucia Annunziata su Rai3, ad una più
rilassata e disponibile Maria Latella su SkyTg24 –
“ufficializzano la liquefazione del Pd in salsa renziana”. Se è
liquefatto un partito che, da solo, ha più parlamentari di
tutti gli altri messi assieme, e che dopo un aspro dibattito interno
è stato capace di trovare una posizione comune sulle riforme,
l’Everest ai fini analisti del quotidiano di Travaglio dovrà
sembrare gassoso: ma pazienza, non è questo il punto. Il punto
è Verdini: e allora parliamo un po’ di lui.
L’“ex macellaio plurinquisito”,
come graziosamente lo definisce il Fatto, è stato per molti
anni l’architrave di Forza Italia, il motore organizzativo e
lo stratega elettorale, il consigliere politico e il Mr. Wolf di
Silvio Berlusconi. Come molti altri amici del Cavaliere, a cominciare
da Fedele Confalonieri, ha capito per tempo che il declino del
berlusconismo è inesorabile, e che l’unico modo per restare
politicamente in gioco è partecipare al processo riformatore
avviato da Napolitano e guidato da Renzi, approfittando di una
legislatura priva di una maggioranza politica omogenea.
In cambio di cosa? In cambio della fine
della guerra civile fredda che ha segnato il ventennio
berlusconiano e di un pensionamento politicamente onorevole del
leader che quel ventennio ha segnato come nessun altro.
Questa cosa qui, mi perdonino gli
analisti del Fatto, si chiama politica. E la politica non è
mai personale, non si ferma all’estetica e non sceglie mai la
soluzione ideale: si concentra sul possibile, e prova dal
possibile a cavare un risultato reale. Per questo, come ha detto
Renzi ieri pomeriggio, Verdini è “utile all’Italia”:
perché mantiene l’impegno assunto all’inizio della legislatura
e in questo modo contribuisce a sbloccare un ventennio di
chiacchiere inconcludenti.
Si potrebbe aggiungere, ad uso degli
antiberlusconiani più incalliti, che l’uscita di Verdini da Forza
Italia (dopo Alfano, dopo Fitto) è il colpo di grazia a quel
partito: ma non vorremmo riempirli troppo di gioia.
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