Massimo Gramellini
La Stampa 16 ottobre 2015
Durante una manifestazione di protesta
delle forze dell’ordine a cui ha partecipato indossando una divisa
taroccata della polizia (rabbrividisco all’idea di come si
presenterebbe a una manifestazione di protesta delle conigliette di
Playboy), il felpato Salvini ha proposto di reintrodurre il servizio
militare obbligatorio «per insegnare a qualche ragazzo come si
rispetta il prossimo». Lo diceva già mia nonna e nel ricordarlo non
intendo mancare di rispetto né a lei, né a Salvini, né tantomeno
al prossimo, ma solo rimarcare la persistenza nel tempo di certe
profonde intuizioni: non ci sono più le mezze stagioni, si stava
meglio quando si stava peggio e, appunto, ai giovani d’oggi
servirebbe una bella guerra. Sulla scia di mia nonna, anche il
felpato è convinto che la rigida disciplina dell’esercito e una
raffica di piegamenti in cortile al primo accenno di ribellione
forgerebbero una generazione educata, rispettosa e senza tanti grilli
per la testa. La tesi è interessante e andrebbe sperimentata con
qualcuno che corrisponda all’identikit. Qualcuno che disprezzi chi
non la pensa come lui, reagisca alla complessità della vita sparando
il primo slogan scontato (purché reazionario) che gli passa per la
testa, irrida i deboli e sfrutti la rabbia dei frustrati, vellicando
il loro punto debole con sparate demagogiche. Qualcuno, insomma, che
dimostri ogni giorno di non avere alcun rispetto per il prossimo.
Più ci penso e più mi sembra
un’ottima idea quella di reintrodurre il servizio militare
obbligatorio per Salvini.
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