Alfredo Bazoli
6 ottobre 2015
Continua in queste settimane il
dibattito, interno al PD e in una parte dell’opinione pubblica
bresciana, sulla scelta riguardante il tracciato della linea ad alta
velocità ferroviaria verso Verona, che secondo le previsioni
originarie dovrebbe transitare a sud di Brescia, con fermata presso
l’aeroporto di Montichiari, mentre per alcuni sarebbe preferibile
passasse dalla città.
È un tema decisamente rilevante per il futuro di brescia e del suo territorio, se si pensa che verranno investiti circa 4 miliardi di euro, ed è paragonabile nei suoi effetti alle scelte che hanno segnato lo sviluppo dei successivi 50 o 100 anni, quali quelle che riguardarono il tracciato della linea storica, o il tragitto dell’autostrada A4.
È un tema decisamente rilevante per il futuro di brescia e del suo territorio, se si pensa che verranno investiti circa 4 miliardi di euro, ed è paragonabile nei suoi effetti alle scelte che hanno segnato lo sviluppo dei successivi 50 o 100 anni, quali quelle che riguardarono il tracciato della linea storica, o il tragitto dell’autostrada A4.
Non possiamo permetterci dunque scelte
sbagliate, o dobbiamo quanto meno fare quella che allo stato appare
preferibile, sapendo che entrambe al momento presentano profili di
incertezza, pro e contro.
E ciò alla luce di tutti i dati che ci
permettano di avere un quadro chiaro della situazione.
Vi è sullo sfondo di questa decisione
una questione dirimente, che riguarda il futuro e le prospettive
dell’aeroporto di Montichiari, dalla quale in ultima analisi
dipende il bilanciamento della scelta.
Occorre allora sapere che, benché ad
oggi sostanzialmente inoperativo, l’aeroporto di Montichiari ha
caratteristiche peculiari che lo rendono pressoché unico nel
panorama del nord Italia.
Ha un’enorme area di sedime, molto
più grande delle altre aree aereoportuali, il che consente di
ospitare più piste, di lunghezza adeguata al decollo e atterraggio
degli aerei più grandi, e rende possibile il parcheggio in
contemporanea di molti aerei, che è la condizione essenziale per
avere molto traffico.
Se a ciò si aggiunge che gli aeroporti
limitrofi, per condizioni morfologiche o per livelli di traffico
raggiunti, sono prossimi alla saturazione, si capisce che si tratta
di un asset ricco di potenzialità inespresse.
Ora, è chiaro che un aeroporto con
queste caratteristiche, ove dotato di una fermata del treno ad alta
velocità, presenterebbe caratteristiche di intermodalita’
straordinarie, essendo l’unico in Italia, e uno dei pochi in
Europa, a consentire lo scambio tra aereo e alta velocità
ferroviaria, con vantaggi competitivi immediatamente intuitivi.
Sulla carta, dunque, la scelta di fare
passare la linea ad alta velocità presso l’aeroporto di
Montichiari appare lungimirante e vincente per lo sviluppo del nostro
territorio, e vale il sacrificio della città.
Ma occorre che sia soddisfatta una
condizione, e cioè che le potenzialità inespresse del nostro
aeroporto abbiano la possibilità di dispiegarsi.
Occorre in altre parole che le sue
prospettive di sviluppo siano davvero possibili, e non solo
auspicabili. Perché il rischio, altrimenti, sarebbe quello di fare
una linea che non ferma da nessuna parte, si limita a bypassare la
città, senza nessun vantaggio per noi, che diventeremmo puro
territorio di attraversamento.
Ed è qui che le cose si fanno un po’
più nebulose.
Secondo il piano nazionale del
trasporto aereo appena approvato, infatti, il traffico passeggeri in
Italia nei prossimi vent’anni aumenterà di circa il 20%, e in tale
prospettiva per Montichiari sarebbe ipotizzabile un incremento fino a
1,5-2 milioni di passeggeri all’anno. Una cifra non malvagia, ma
assai distante dai numeri attuali di Bergamo (oltre 8 milioni), o di
Verona (poco meno di 3 milioni). E insufficiente a rendere davvero
indispensabile, o così vantaggiosa, la fermata dell’alta velocità.
Vi è peraltro chi sostiene che si
tratta di numeri che non tengono conto dell’effetto della tav, che
sarebbe in grado di catalizzare e calamitare passeggeri, che il
traffico aereo aumenterà ben di più, che una compagnia aerea in
grado di offrire un scalo con quelle caratteristiche sarebbe
invogliata ad utilizzarlo per offrire un servizio migliore, che
qualunque privato farebbe investimenti su uno scalo così ben dotato.
Ma sono tutte supposizioni, e manca al momento un progetto serio di
sviluppo, fondato su numeri e prospettive credibili, concrete, o
quanto meno ragionevoli.
Ed è per questo che ieri sera, nel
corso dell’ultima direzione del pd, pur consapevole che sono scelte
che non competono interamente a noi, ho chiesto che si faccia un
approfondimento su numeri e prospettive dell’aeroporto, da cui
dipende la nostra valutazione.
Tanto più considerato che
l’alternativa che propone il comune di Brescia ha un suo appeal:
oltre al risparmio di suolo agricolo se non si facesse lo shunt, ma
si quadruplicassero i binari in uscita a est della stazione, le
ferrovie risparmierebbero circa 500 milioni di euro, una parte dei
quali potrebbero essere reinvestiti per collegare direttamente con un
servizio metropolitano l’aeroporto alla stazione, mediante la
riqualificazione della linea Brescia Cremona, e la costruzione di una
piccola bretella.
Un collegamento privo dei vantaggi di
una interconnessione con la tav, ma sufficiente per un aeroporto di
piccole-medie dimensioni.
Insomma, per fare una valutazione così
rilevante e impegnativa per il nostro futuro occorre meno incertezza,
e qualche dato di prospettiva un po’ più chiaro e concreto.
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