venerdì 11 dicembre 2015

Juncker punisce l'Italia e dimentica l'Europa


David Sassoli
11 dicembre 2015
Punire un paese che ha salvato tante vite umane, speso risorse e rispettato i valori del diritto internazionale è operazione suicida. È ossigeno per xenofobi. Ed è il modo migliore per incoraggiare il nazionalismo, nel momento in cui avremmo bisogno di più Europa per stare al mondo e per rispondere a sfide travolgenti. La decisione della Commissione europea di aprire una procedura d'infrazione contro l'Italia, per la mancata identificazione di una parte dei migranti, è il termometro di una leadership europea attenta a regole e regolamenti, ma incapace di sostenere uno spirito comunitario.
L'Unione sta dimostrando di essere un malato bipolare: da una parte cerca di uscire dalle secche in cui si trova, dall'altra vi si trattiene rafforzando la propria impotenza. Da tempo alcune procedure non rispettavano i requisiti richiesti. Ma è noto a tutti che le autorità italiane, sotto differenti governi, si sono trovate da sole a fronteggiare emergenze in mare aperto in condizioni di difficoltà estrema, a sostenere per anni con le proprie risorse le operazioni di soccorso, ad accogliere centinaia di migliaia di persone, ad inserire, quando è stato possibile, uomini, donne e bambini nei circuiti della vita sociale.
Ogni uomo è mio fratello, ha continuato a dire l'Italia anche nei momenti più bui. E lo ha ripetuto anche quando la crisi economica era acuta e tanti governi europei non si impietosivano troppo per i morti che insanguinavano il Mediterraneo. Fra mille difficoltà e contraddizioni il nostro paese ha sempre risposto con tutt'altra faccia e ha fatto bene il presidente del Consiglio a ricordare ieri alla Commissione europea che l'Italia continuerà a fare la sua parte e a salvare persone. Certo, è importante rispettare le regole europee. Ma è altrettanto importante possedere una scala di valori che consenta di mettere a fuoco le priorità. Ci ha colpito che il presidente Juncker non abbia saputo valutare gli effetti e i rischi dell'iniziativa, in un momento in cui tanti governi non hanno ottemperato agli obblighi di redistribuzione dei richiedenti asilo e il trattato di Dublino è ancora in attesa di essere modificato. Senza discernimento non può esservi casa comune.
L'Europa, con la decisione di aprire la procedura d'infrazione a poche ore dal voto delle regionali francesi, si ritrova più debole di fronte a venti di disgregazione. Per coglierne il segno basta guardare alle reazioni che l'iniziativa della Commissione ha provocato. A parte i commenti italiani, solo associazioni umanitarie e agenzie di solidarietà hanno reagito con sdegno. I partiti politici europei sono rimasti muti. E lo stesso hanno fatto governi e leader. Quando batterà un colpo il Partito socialista europeo? Quando sentiremo dal fronte progressista parole che indichino i punti oltre i quali non si deve andare? In alcuni casi il silenzio è d'oro, in altri è sintomo di agonia.

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