giovedì 14 maggio 2020

La bella politica

Teresa Bellanova
È vero. Ho pianto. Ho faticato, ho combattuto, e alla fine ho pianto. Hanno accostato le mie lacrime ad altre lacrime: le hanno riportate ad un genere, quello femminile. Io invece ho avuto la forza di piangere - sì, la forza - perché ho fatto una battaglia per qualcosa in cui credevo sin dall’inizio, perché ho chiuso il cerchio di una vita che non è soltanto la mia, ma è quella di tantissime donne e uomini che come me hanno lavorato nei campi.
Però una cosa la voglio dire, a chi sta con me e a chi sta contro di me: le lacrime non le giudicate perché appartengono non a me sola, ma a chi ha ogni giorno il coraggio di sfidare per cambiare, sapendo che si può perdere o vincere. Sono cose che hanno a che fare con la vita, con l’impeto e la forza delle idee. Le lacrime sono il segno costitutivo, generativo della nostra specie. Chi le teme, o chi non ne comprende il senso e la forza, ha perso di vista il carattere più importante dell’umano: la coscienza delle cose, quant’è prezioso mostrarsi vulnerabili. Se abbiamo perso di vista questo, se non sappiamo più riconoscere cosa significa il pianto di chi crede in quello che fa, è preoccupante. Più di ogni battaglia, vinta o persa che sia.
La forza delle donne, ed anche di molti uomini, è proprio saper piangere: non esiste un “pianto di genere“, perché l’unico genere capace di pianto è quello umano. Le donne qui non c’entrano nulla: c’entrano coloro che ogni giorno portano avanti le battaglie in cui credono, magari impopolari ma giuste. Quelli che avanzano il cuore senza bisogno di calcolare le distanze. Spostano la notte più in là. E credono nella politica che guarda in faccia i problemi che attendono risposte.

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