giovedì 1 ottobre 2015

Civati, il flop dei referendum e il senso di responsabilità


Fabio Avallone
1 ottobre 2015 L'Huffington post
Con un post sul suo Blog Pippo Civati ha annunciato che l'obiettivo della raccolta di firme per gli 8 referendum non è stato raggiunto.
Non sappiamo se la missione è fallita di molto o di poco perché, dice Civati, i moduli sono ancora in viaggio o nei comuni e il conto preciso non è stato possibile farlo.
Oltre alla brutta notizia, nel post (che si intitola "Renzi l'ha scampata, ma per poco" il che ricorda varie barzellette che non starò qui a riproporre), Civati si prodiga nei complimenti ai volontari (che sono sempre straordinari) per la mobilitazione (ovviamente clamorosa) e, en passant, accampa anche qualche scusa: ovviamente il silenzio dei media (e chissà che dovrebbero dire i Radicali), ma anche una curiosa teoria in base alla quale "il risultato spesso sta nel percorso e non nell'obiettivo".
Questo è uno di quei temi su cui, secondo me, a sinistra c'è sempre stato un problema gigantesco.
Il risultato, vale per Civati come per chiunque altro, sta proprio, invece, nella capacità di raggiungere un obiettivo che ci si è prefissati. Di più. La capacità di raggiungere quel risultato è anche l'unico metro di paragone per comprendere meriti, demeriti e responsabilità degli attori della vita politica.
L'accountability, parola inglese che non a caso non ha equivalenti in italiano, è necessaria in una democrazia moderna. Rendere conto al proprio elettorato di quanto si è fatto impone alla politica di dichiarare i propri obiettivi. In queste ore Matteo Renzi canta vittoria per i dati finalmente positivi per l'occupazione perché l'obiettivo che si era prefissato con il Jobs act era aumentare qualità e quantità del lavoro subordinato.
Stupisce vedere Civati, anagraficamente coetaneo di Renzi, tirare fuori un argomento che sarebbe suonato stantio anche nella prima repubblica. Se il risultato sta nel percorso, come asserisce Pippo, gli elettori non avranno mai la possibilità di giudicare in base ai dati concreti e verificabili.
"Possibile", il movimento fondato da Civati all'uscita dal PD, si era dato un obiettivo chiaro ed identificabile: 8 referendum su 4 temi per "Mettere un freno alle politiche sbagliate di questo governo e di questo parlamento".
Ora, l'obiettivo è fallito. Sarebbe un fatto positivo, per la sinistra e, direi, per la democrazia tutta, se chi fallisce se ne assumesse la responsabilità. Non manca a sinistra esperienza nell'analisi della sconfitta. Può esserci stato un problema di leadership, di scelta dell'obiettivo, di comunicazione, di partecipazione... le cause possono essere state le più svariate. Ma chi si propone di rinnovare il Paese e la politica da sinistra, per me, non può nascondere un proprio fallimento camuffandolo da "risultato che sta nel percorso".
Sono sempre stato convinto che esista uno spazio politico a sinistra del Pd, ma con questo esordio dubito fortemente che "Possibile" sia in grado di occuparlo.

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