domenica 15 settembre 2019

Se torna un po di umanità

Michele Serra
15 settembre 2019
A chi giova l’accoglienza europea, via Italia, offerta agli ottantadue della Ocean Viking? Giova, intanto, agli ottantadue della Ocean Viking, sottratti all’umiliante e malsano bordeggiare di altre navi, prima di questa, in quel mare di nessuno che era diventato il Mediterraneo dei porti chiusi.
Questo è un punto fermo: ottantadue esseri umani trattati con i criteri propri dell’umanità. Solo poche settimane fa non era scontato.Un giovamento conseguente, diciamo di secondo grado, meno vitale e però significativo, può concedersi quella parte non piccola dell’opinione pubblica italiana che viveva con angoscia, e con una certa vergogna, la politica gretta del respingimento pregiudiziale, quella che aveva trasformato ogni arrivo in una sconfitta e ogni cacciata (e ogni annegamento, nelle zone più feroci dei social) in una vittoria.
È certamente poco, il sicuro approdo della Ocean Viking davanti a Lampedusa, rispetto all’enormità della questione migratoria dall’Africa, un gigantesco sconquasso geografico e politico che ha cambiato il volto (soprattutto il volto elettorale) di molti Paesi europei. Ma è molto se serve a dare un segnale. Se riesce a sbloccare, indirizzandolo verso una destinazione un po’ meno incerta, un po’ più governabile, l’ingorgo dei migranti che ingrassa prima i negrieri del Nord Africa, poi i trafficanti di mare, poi gli sfruttatori nostrani di terraferma che aspettano con ingordigia manodopera a basso costo e senza diritti.
Portare alla luce questa filiera, chiamarla per nome, provare a mondarla dei suoi aspetti brutali e criminali, provare a costruire un’accoglienza europea degna di questo nome (Diritti e Doveri le prime due materie in ordine di importanza), provare a mitigare il pregiudizio e il disagio degli accoglienti in forza di una migliore integrazione e di un reciproco vantaggio, provare a ricevere gli accolti come portatori di lavoro e di speranza e non come vettori di virus e impurità, sarà mai possibile? Non è male ricordare che è una domanda che ci si pone, in Europa, da più di vent’anni, senza che si sia riusciti, fin qui, a mettere insieme un convincente piano d’azione corale. È da questa esasperante, impotente lentezza, di fronte alla velocità e alla potenza della storia, che hanno preso forza e coraggio idee assurde oppure feroci, l’isolazionismo ringhioso, il razzismo esplicito, le teorie paranoiche sulla “sostituzione etnica”, i rigurgiti del vecchio nazionalismo che il maquillage d’epoca ha ribattezzato sovranismo. La politica di sedicente “difesa della Patria” del precedente governo aveva creato davanti alle nostre coste meridionali una specie di piccolo, grottesco blocco navale, più ipotetico che funzionale (era come fermare il mare della storia con il pettine delle scartoffie). Un sedicente giro di vite “contro le ong”, nei fatti contro la povera gente in fuga o in viaggio verso una vita decente. Ma difeso, e integro, è un Paese che sa farsi carico delle responsabilità, anche sgradevoli, anche soverchianti, che la storia gli scarica addosso. Tutt’altro che difeso e integro è un Paese bambino, spaventato e lagnoso, che tratta da infezione un’ordinaria vicenda umana — le migrazioni — che si manifesta, in questi anni, con intensità straordinaria.Infine, per chi si domanda se l’Unione Europea stia riservando un trattamento più collaborativo e più vantaggioso a questo governo piuttosto che al precedente, compreso l’impegno, per ora soprattutto sulla carta, di una comune politica sulle migrazioni; la risposta, senza dubbio, è sì. Due pesi e due misure con i gialloverdi prima, i poi. La spiegazione è semplice. Si chiama reciprocità. Anche i due differenti governi italiani, rispetto all’Europa, hanno adottato due pesi e due misure.

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