Il popolo delle Feste, i sindaci, tanti ex diessini, ora anche
Franceschini e Areadem. Monta il consenso per Renzi, e salgono anche le
aspettative di un nuovo Pd.
L’appoggio di Dario Franceschini a Matteo Renzi per la conquista
del Pd è molto significativo. I segnali di una specie di ondata in
favore del sindaco di Firenze sono tanti, e vengono da due mondi che a
Renzi stanno sicuramente piu a cuore della nomenklatura democratica: il
popolo delle Feste, integrato come numero e come entusiasmo da molti
cittadini esterni all’elettorato Pd; e l’esercito di sindaci e degli
amministratori locali, la vera rete di potere sulla quale Renzi
appoggerà la propria campagna e, in prospettiva, la rifondazione del
partito.
Ciò nondimeno, la scelta del ministro ed ex segretario Franceschini
annuncia una novità importante che era nell’aria: a Renzi non si
contrapporrà alcun candidato espressione del gruppo dirigente uscente
(come non sono né Cuperlo né tanto meno Civati). Può darsi che Enrico
Letta mantenga l’impegno a non pronunciarsi sul congresso, ma di fatto
la mossa del suo ex gemello-coltello dei tempi del Ppi vale come fosse
la sua: come abbiamo scritto tante volte mentre sui giornali correvano
altre fantasie, Letta non si contrapporrà mai alla candidatura di Renzi
(il che non vuol dire che la considerasse la soluzione più
desiderabile).
Il sostegno di Veltroni, Fassino, Bettini, Serracchiani e di tanti
dirigenti locali ex diessini (per non dire di quello esterno di Vendola)
proibisce di parlare di Opa neo-democristiana o margheritina sul Pd.
Renzi è definitivamente un’altra cosa, ogni suo passo è andato nella
direzione della rottura dello schema Ds-Dl che pure fu fondativo del Pd.
La furia rottamatrice ha colpito senza fare favoritismi.
Bisogna casomai vedere se gli appoggi che arrivano, e quelli che arriveranno, non finiscano per mutare di segno all’operazione renziana.
Bisogna casomai vedere se gli appoggi che arrivano, e quelli che arriveranno, non finiscano per mutare di segno all’operazione renziana.
Lui personalmente non è avezzo (diremmo che non è proprio capace) a
trattative al ribasso o al rialzo, delle quali oltretutto non avrebbe
alcun bisogno. Il fatto è che la sua corsa sta facendo crescere
aspettative enormi sia per quanto riguarda il rovesciamento di ogni
paradigma nel governo del paese, che per quanto riguarda l’azzeramento
del Pd come lo conosciamo e la sua riedificazione su un modello
totalmente nuovo.
Come vincere primarie, elezioni e come imprimere segni di novità al
suo eventuale futuro governo: a queste cose Renzi ha sicuramente
pensato. A come dotarsi di uno strumento-partito che senza appesantirla
né comprometterla (“se lascio il Pd a chi ce l’ha adesso, non vinco le
elezioni”), dia però sostanza, sostegno e continuità all’avventura di
governo: su questo né Renzi né altri insieme a lui erano preparati a
dare risposte.
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