di
Franco Gheza
Un
misterioso Carlo E. Ferrari ha scritto, sulle pagine bresciane del
Corriere della Sera del 13 luglio scorso, una riflessione sulla
formazione delle élites cattoliche. L’autore parte dal
caso Brescia che considera emblematico dopo le recenti elezioni
amministrative. Nel nuovo Consiglio comunale è preponderante il
Partito Democratico nel quale la componente laica dovrebbe essere
forte e invece è minoritaria rispetto agli eletti che provengono dal
mondo cattolico. Com’è stato possibile? Come si selezionano le
classi dirigenti? Ha il cattolicesimo ancora una forza egemonica? La
risposta di Ferrari si concentra su tre iniziative elitarie di
“formazione cattolica delle future classi dirigenti” e trascura
l’analisi
del contesto popolare che accompagna la formazione all’impegno
sociale e politico. Innanzitutto
Ferrari accenna alla Fondazione Tovini e alla connessa Famiglia
Universitaria che definisce “neoguelfa” in quanto eluderebbe il
confronto con il mondo laico. Ricorda poi la Fondazione San
Benedetto, espressione educativa di Comunione e Liberazione e della
Compagnia delle Opere, che metterebbe al centro della riflessione la
categoria di sussidiarietà declinata come liberalismo sociale.
Infine porta l’attenzione su una terza recente Fondazione,
l'Accademia Cattolica che “potrebbe definirsi ispirata a un
cattolicesimo neo-costituzionale”, attento cioè a declinare
l'appartenenza di fede nello spazio pubblico della ragione: uno
spazio, regolamentato dai principi della costituzione, in cui tutte
le fedi possono cooperare al bene comune. Si tratta di tre “modelli
di cattolicesimo assai distanti”, emblematici di un pluralismo “non
esente da tensioni, e talvolta attriti, ma che mostra in ciò la
propria vitalità”. Una vitalità che Ferrari trova assente nel
mondo laico, “ormai orfano della tradizione liberale zanardelliana
e di quella social-comunista”. “A Brescia – conclude Ferrari –
assistiamo al sedimentarsi di un’asimmetria: una società sempre
più secolarizzata che elegge rappresentanti cattolici, nell’assenza
quasi totale della cultura laica”.
Si
tratta di ipotesi non del tutto condivisibili. Lasciamo ad altri
sviluppare il giudizio sulla cultura laica che sembra prevalente in
tutte le forze politiche. Preme
invece uscire dal recinto delle Fondazioni
culturali, comprese quelle della sinistra come la Micheletti, la
Calzari-Trebeschi e la Piccini, per
evidenziare le realtà popolari del mondo cattolico, ricche di
militanza e di servizi formativi, compresi quelli messi in atto dalla
diocesi con la scuola di formazione all’impegno sociale e politico.
E’ da queste realtà popolari che sono usciti in quantità
assessori, consiglieri comunali e lo stesso sindaco. Acli, Azione
Cattolica, Movimento dei Focolari, Agesci, Giuristi cattolici,
Parrocchie, tradizionali soggetti di animazione sociale. L’analisi
dei militanti nelle opere di ispirazione cristiana potrebbe
continuare: mille e cinquecento amministratori delle scuole materne
paritarie dell’ADASM, migliaia di volontari che animano i Grest o
le iniziative di carità, migliaia di cooperatori che uniscono
professionalità e idealità sociale. Al di là di specifici corsi di
formazione, queste élites si alimentano del pane quotidiano della
dottrina sociale incarnata nella solidarietà umana. Il costante
impegno nelle realtà sociali ha una valenza educativa che "precede,
trascende e condiziona" la politica. Ma in questa dimensione
della società civile, dei mondi vitali, dei corpi intermedi, un
grande problema oggi resta aperto: la mancanza di unità sindacale.
Il confronto, il dialogo e la militanza unitaria nel mondo del lavoro
ha prodotto a Brescia leaders importanti e soprattutto ha permesso la
costruzione di fondamenti etici comuni per i laici e per i cattolici.
E’ stata la stagione dei Capra, dei Castrezzati, dei Landi e dei
Lussignoli, come quella dei Torri e dei Terraroli. Per raggiungere un
vero cambiamento anche a livello nazionale si sente oggi l’esigenza
di ricuperare le idealità unitarie dei Trentin e dei Carniti che si
sono tradotte in conquiste contrattuali e politiche emblematiche,
come quella delle 150 ore di formazione per far crescere classe
dirigente popolare.
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