venerdì 2 agosto 2013

Partito Democratico, popolo ed élites a Brescia.



di Franco Gheza

Un misterioso Carlo E. Ferrari ha scritto, sulle pagine bresciane del Corriere della Sera del 13 luglio scorso, una riflessione sulla formazione delle élites cattoliche. L’autore parte dal caso Brescia che considera emblematico dopo le recenti elezioni amministrative. Nel nuovo Consiglio comunale è preponderante il Partito Democratico nel quale la componente laica dovrebbe essere forte e invece è minoritaria rispetto agli eletti che provengono dal mondo cattolico. Com’è stato possibile? Come si selezionano le classi dirigenti? Ha il cattolicesimo ancora una forza egemonica? La risposta di Ferrari si concentra su tre iniziative elitarie di “formazione cattolica delle future classi dirigenti” e trascura l’analisi del contesto popolare che accompagna la formazione all’impegno sociale e politico. Innanzitutto Ferrari accenna alla Fondazione Tovini e alla connessa Famiglia Universitaria che definisce “neoguelfa” in quanto eluderebbe il confronto con il mondo laico. Ricorda poi la Fondazione San Benedetto, espressione educativa di Comunione e Liberazione e della Compagnia delle Opere, che metterebbe al centro della riflessione la categoria di sussidiarietà declinata come liberalismo sociale. Infine porta l’attenzione su una terza recente Fondazione, l'Accademia Cattolica che “potrebbe definirsi ispirata a un cattolicesimo neo-costituzionale”, attento cioè a declinare l'appartenenza di fede nello spazio pubblico della ragione: uno spazio, regolamentato dai principi della costituzione, in cui tutte le fedi possono cooperare al bene comune. Si tratta di tre “modelli di cattolicesimo assai distanti”, emblematici di un pluralismo “non esente da tensioni, e talvolta attriti, ma che mostra in ciò la propria vitalità”. Una vitalità che Ferrari trova assente nel mondo laico, “ormai orfano della tradizione liberale zanardelliana e di quella social-comunista”. “A Brescia – conclude Ferrari – assistiamo al sedimentarsi di un’asimmetria: una società sempre più secolarizzata che elegge rappresentanti cattolici, nell’assenza quasi totale della cultura laica”.
Si tratta di ipotesi non del tutto condivisibili. Lasciamo ad altri sviluppare il giudizio sulla cultura laica che sembra prevalente in tutte le forze politiche. Preme invece uscire dal recinto delle Fondazioni culturali, comprese quelle della sinistra come la Micheletti, la Calzari-Trebeschi e la Piccini, per evidenziare le realtà popolari del mondo cattolico, ricche di militanza e di servizi formativi, compresi quelli messi in atto dalla diocesi con la scuola di formazione all’impegno sociale e politico. E’ da queste realtà popolari che sono usciti in quantità assessori, consiglieri comunali e lo stesso sindaco. Acli, Azione Cattolica, Movimento dei Focolari, Agesci, Giuristi cattolici, Parrocchie, tradizionali soggetti di animazione sociale. L’analisi dei militanti nelle opere di ispirazione cristiana potrebbe continuare: mille e cinquecento amministratori delle scuole materne paritarie dell’ADASM, migliaia di volontari che animano i Grest o le iniziative di carità, migliaia di cooperatori che uniscono professionalità e idealità sociale. Al di là di specifici corsi di formazione, queste élites si alimentano del pane quotidiano della dottrina sociale incarnata nella solidarietà umana. Il costante impegno nelle realtà sociali ha una valenza educativa che "precede, trascende e condiziona" la politica. Ma in questa dimensione della società civile, dei mondi vitali, dei corpi intermedi, un grande problema oggi resta aperto: la mancanza di unità sindacale. Il confronto, il dialogo e la militanza unitaria nel mondo del lavoro ha prodotto a Brescia leaders importanti e soprattutto ha permesso la costruzione di fondamenti etici comuni per i laici e per i cattolici. E’ stata la stagione dei Capra, dei Castrezzati, dei Landi e dei Lussignoli, come quella dei Torri e dei Terraroli. Per raggiungere un vero cambiamento anche a livello nazionale si sente oggi l’esigenza di ricuperare le idealità unitarie dei Trentin e dei Carniti che si sono tradotte in conquiste contrattuali e politiche emblematiche, come quella delle 150 ore di formazione per far crescere classe dirigente popolare.

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