Giovanni De Mauro
Pico Iyer, grande giornalista e scrittore di viaggi, racconta
che “viaggiare è un po’ come essere innamorati, perché improvvisamente
su tutti i sensi c’è scritto ‘acceso’. Quando viaggio, soprattutto nelle
grandi città, la tipica persona che incontro è una ragazza che vive a
Parigi e ha il padre coreano e la madre tedesca. Appena questa ragazza
incontra un ragazzo che viene da Edimburgo, e ha il padre tailandese e
la madre canadese, lo riconosce come suo simile. E si rende conto che
probabilmente ha più cose in comune con lui che con chiunque altro in
Corea o in Germania. Così diventano amici. E poi si innamorano. Si
trasferiscono a New York. O a Edimburgo. E la bambina che nasce dalla
loro unione non sarà né coreana né tedesca o francese o tailandese o
scozzese o canadese e neanche americana, ma sarà una meravigliosa
combinazione, in continua evoluzione, di tutti questi posti.
Il modo in cui questa ragazza sognerà il mondo, scriverà sul mondo e
penserà al mondo sarà diverso, perché nascerà da una mescolanza senza
precedenti di culture. Oggi, da dove vieni è meno importante di dove
vai. Ma è solo fermando il movimento che puoi capire dove andare. Ed è
solo facendo un passo indietro, dalla tua vita e dal tuo mondo, che puoi
vedere quello a cui tieni di più, e quindi trovare casa. Il movimento è
un privilegio fantastico. Ci consente di fare cose che i nostri nonni
non potevano neanche sognare di fare. Ma il movimento ha senso solo se
c’è una casa a cui tornare. E la casa, in fin dei conti, non è solo il
posto in cui dormi. È il posto in cui stai”.
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