giovedì 16 marzo 2017

DENTRO O FUORI


Sandro Albini
16 marzo 2017
Di solito, in un divorzio, chi se ne va pensa a ricostruirsi un'altra vita. Chi resta, ci resta male e tende a tutelare quel che è rimasto. Nel caso del divorzio dal PD di Bersani, D'Alema, Gotor, Corsini ecc. la preoccupazione maggiore consiste nel tentativo di dimostrare che sono stati cacciati, quindi sono vittime, e nel mettere in atto ogni iniziativa capace di danneggiare il PD. Esemplare la vicenda Lotti, contro cui si sono assentati ma pronti a presentare un o.d.g. contro la sua permanenza al governo. Sembrerebbe un atteggiamento confusionario, ma non è così. E' il lucido, perfido tentativo di riaprire una vicenda sconfitta dal voto del Senato tenendo così in fibrillazione PD e Governo (al quale giurano lealtà contraddette dai comportamenti). Essendosi costituiti come partito di sinistra (dei quali ormai si fa fatica a tenere il conto) perché non elaborano un programma e lo presentano per verificare quanto consenso raccolgono, invece di concentrarsi soltanto sulla denigrazione del loro ex partner? Anche chi è rimasto dentro a sfidare Renzi (mi riferisco a Emiliano) concorre dall'interno ad alimentare disorientamento verso il partito del quale aspira alla guida. Gli uni e gli altri vorrebbero far macerie del PD anche a costo di regalare il Paese a Grillo (è lui o non è lui? chiosa Mentana) o ad una destra per metà razzista. La vicenda referendum non ha insegnato nulla: fosse passato si prospettava un futuro di stabilità (chiunque fosse chiamato al governo del Paese). Ora il Parlamento non riesce nemmeno più a discutere di legge elettorale lasciando che l'inerzia ci conduca verso elezioni al termine delle quali sarà impossibile costituire un governo su una comune base programmatica. E' il prezzo per ridimensionare Renzi, diranno cinicamente i fuorusciti. Come se questo risolvesse i problemi di un Paese che ne ha tanti (ed alle viste alcuni molto gravi) lasciati sulle spalle del povero Gentiloni.

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