sabato 21 gennaio 2017

Perché Macron vola e i socialisti arrancano


Mario Lavia
L'Unità 20 gennaio 2017
Domenica il primo turno delle primarie di socialisti e alleati. Ségolène con il riformista indipendente
La Storia dirà se la sinistra francese avrà commesso la follia più grande del suo lungo percorso. Fatto sta che dinanzi alla irresistibile ascesa delle due destre – con i volti di François Fillon e quello di Marine Le Pen – quel che resta del socialismo francese e dell’arrugginita gauche si va a contare nei freddi seggi delle primarie più vane della storia, una gauche che rischia alla fine di restare fuori dalla gara per l’Eliseo.
Tutto è possibile, certo. Anche che a votare domenica per il primo turno delle primarie della Belle alliance populaire (“nipotina” della gauche, socialisti più vari gruppi di sinistra) ci vada molta gente. Anzi, sicuramente sarà così. Non è che il popolo non esista più, anzi, esiste pure troppo: nel senso che appena può si fa sentire in ogni modo. Il punto non è questo.
Il punto è che sono primarie senza speranza. Chi le vincerà – probabilmente Manuel Valls (essere primo ministro aiuta, no?), o l’ex ministro dell’economia Arnaud Montebourg o l’ex ministro dell’istruzione Benoît Hamon – i due frondeurs detestati da Valls – non avrà possibilità alcuna non solo di arrivare all’Eliseo ma nemmeno di andare al secondo turno delle presidenziali. D’altra parte – è stato detto ad abudantiam – il fatto che per la prima volta nella storia della V Repubblica un presidente della Repubblica non si sia ricandidato è non solo e non tanto il segno del crollo politico e umano di François Hollande quanto l’emblema della fine del “terzo tempo” del socialismo francese – dopo il primo, quello glorioso di Mitterrand, e il secondo, quello, insperato, di Hollande.
Gli altri candidati alle primarie non hanno alcuna velleità, se non la ricerca di una visibilità buona per il “dopo”. Cosa che probabilmente è anche all’origine della candidatura di Valls, il quale intende mettere fieno in cascina sperando che la nottata socialista passi.
Intanto sale la stella di Emmanuel Macron. La grande carta della sinistra riformista francese che, insofferente dell’avvitamento su se stesso di quest’ultima, se n’è andato e si è messo a correre per conto suo. E’ lui la novità della politica d’Oltralpe.
Gli ultimi sondaggi  lo vedono stabilmente in terza posizione, dietro Fillon e la Le Pen. Adesso la speranza di un ballottaggio fra un conservatore e un progressista moderato non è più solo nei sogni degli antipopulisti ma una possibilità. La sua organizzazione – En Marche! – aumenta gli iscritti e punta a diventare ago della bilancia in Parlamento (dopo le presidenziali si terranno le elezioni legislative). Dicono i giornali francesi che la gente affolla i suoi comizi. Alcuni socialisti, da Ségolène Royal (ci sarebbe stato un incontro fra i due) all’ex premier Jean-Marc Ayrault lo sostengono. Insomma, Macron piace alla gente che piace, come diceva un slogan pubblicitario. Ma non è detto che non riesca a sfondare anche nella Francia più profonda, tuttora attratta dalla destra.
Già si parla di lui come del prototipo di leader non solo post-ideologico ma anche post-partito, nel senso dell’incarnazione di un progetto e un soggetto politico “mobili”, adattabili alle situazioni, senza barriere e preclusioni verso altre forze e altre idee. Non si tratta solo di mero pragmatismo. Ma di una visione pronta ad includere pezzi di politica che i soggetti tradizionali (a partire da quelli di sinistra) non riescono più a rendere coerenti e compatibili con i problemi del nostro tempo. Un politico flessibile, ai limiti del cinismo – se si vuole – in qualche modo simbolo di una società in movimento, o meglio, che ha voglia di rimettersi in movimento dopo la stagnazione di questi ultimi 15 anni.
Di Macron recentemente si è scritto molto e molto si scriverà nel prossimo futuro (qui un bel pezzo di Huffington Post).
Macron è dunque molto più avanti del legnoso socialismo francese. Pur considerando che i paragoni sono sempre da prendere con le molle, viene da domandarsi se in tutti questi lunghi anni di jospinismo e hollandismo che hanno accompagnato il declino generale della Francia, per i socialisti non sarebbe stato più serio porsi il problema della rifondazione del Ps magari ipotizzando qualcosa di più largo e innovativo. per giungere ad una sorta di Partito democratico francese in grado di tenere insieme Valls e Macron.
Ora invece incombe lo spettro di un ballottaggio fra Fillon e Marine Le Pen, anche a causa della dispersione di voti fra le varie sinistre (dove è ancora forte il “duro” Jean-Luc Mélenchon) e Macron. Sarebbe un esito drammatico.
Domenica, comunque, la parola al popolo socialista di Francia. Per Manuel Valls è un’opportunità ma anche un rischio: su di lui potrebbero piovere i detriti del diffuso anti-hollandismo che circola nel Paese e nell’elettorato del partito socialista, E un Valls debole – chissà -potrebbe favorire ancor di più le chances di Emmanuel Macron, l’uomo nuovo.

Nessun commento:

Posta un commento