Volevano che si limitasse al paziente lavoro di “ricostruzione del
partito”, da bravo segretario di una volta? Macché, Matteo Renzi deve
salvare la democrazia
Meno male che doveva essere l’avventura di un ragazzo
sconsiderato e ambizioso, una scomodità da gestire mentre i problemi del
paese incombevano ben più gravi e importanti.
Matteo Renzi già non è più solo il segretario del Pd. E non perché si
stiano realizzando i retroscena che lo volevano frenetico di passare da
una campagna elettorale a un’altra. Bensì perché il “capo” del Pd –
come ora viene enfaticamente incoronato dalla stampa mainstream – pare quasi ergersi roccia frangiflutti contro ogni tipo di collasso nazionale.
Volevano che si limitasse al paziente lavoro di “ricostruzione del
partito”, da bravo segretario di una volta? Macché, Matteo Renzi deve
salvare la democrazia.
Diventa leader in un paese scosso da una rivolta popolare e plebea
dai risvolti inquietanti, apparentemente ingovernata e ingovernabile.
Mai come in queste ore l’Italia non è una Nazione, ma pezzi sparsi di
interessi e recriminazioni scagliati gli uni contro gli altri, e tutti
insieme contro uno Stato che appare indifendibile e perfino indifeso,
dovessimo credere a certe storie sul comportamento delle forze di
sicurezza.
Nessun settore del mondo politico e istituzionale sembra in grado di
offrire vie d’uscita, o almeno ipotesi praticabili di ricomposizione di
quei pezzi. Gli unici che si danno da fare – neanche a dirlo – lo fanno
per aizzare, per alzare più alte le fiamme della rabbia.
Così forse finalmente tutti – non solo quelli come noi che in questo
senso fin dall’inizio intendevano rottamazione e attacco all’establishment
– capiscono che solo una forza rigenerata fin quasi a non potersi
confondere con ciò che era prima può caricarsi della missione nazionale
di reimporre un metodo politico e democratico.
Finché Renzi diceva lui di sentirsi in dovere di questo tentativo,
vabbè: la solita esagerazione. Ora è evidente: il primato della politica
passa dal nuovo Pd e dal suo nuovo leader. I quasi tre milioni dell’8
dicembre l’hanno inteso chiaramente. Non hanno solo voluto votare
“quello che vince”.
Ora sarà giusto che tutti diano non aiuto, ma spazio a un’operazione di valore così ampio.
Ora sarà giusto che tutti diano non aiuto, ma spazio a un’operazione di valore così ampio.
Anche il governo, anche il capo dello stato: il loro tentativo andava
nella stessa direzione di restituire fiducia, credibilità e forza alla
soluzione della crisi italiana, ma gli strumenti disponibili si sono
rivelati inadeguati, fragili, superati perché legati a schemi che
avvertiamo irrecuperabilmente legati al passato.
Lo sentiremo oggi da Letta in parlamento, lo proveremo in concreto
sulla riforma elettorale. Se non il Pd, o la sinistra, ma la democrazia
italiana sarà in grado di non bruciare subito la sua estrema
possibilità.
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