Lo squillo dell’offensiva contro il leader Cinquestelle l’ha
lanciato un Enrico Letta insolitamente pugnace mercoledì alla camera.
Era solo l’annuncio di una campagna più vasta e profonda
Ci ha provato con i tranvieri di Genova, appena prima che
trovassero un accordo, e ci ha riprovato con i forconi di Torino, mentre
le bande spargevano paura in città. Ci riproverà, sicuro. Non so: coi
disoccupati organizzati di Napoli o con i centri sociali di Roma, se in
questi posti dovesse insorgere una qualsiasi protesta, di qualsiasi
natura, senza badare a motivazioni e obiettivi.
Beppe Grillo sta messo così, deve aggrapparsi a ogni sommovimento,
rischiando anche i fischi. E dal suo blog dobbiamo aspettarci nei giorni
prossimi una escalation di aggressività senza freni linguistici, con
attacchi sempre più violenti da Napolitano in giù.
Un po’ è lui, nel suo solito format. Un po’ però c’è la percezione di
una difficoltà crescente, il timore di venire messo per la prima volta
seriamente sulla difensiva.
Lo squillo dell’offensiva anti-Grillo l’ha lanciato un Enrico Letta
insolitamente pugnace mercoledì alla camera. Era solo l’annuncio di una
campagna più vasta e profonda, alla cui guida si è messo colui che
Grillo teme in assoluto di più: appena preso il volante del Nuovo Pd,
Matteo Renzi fa capire contro chi dirigerà la macchina, con tutta la
forza propagandistica di cui è capace (che non è poca).
Renzi in pochi giorni ha dovuto disincagliare provvedimenti attesi e
promessi che governo, maggioranza e vecchio Pd tenevano colpevolmente
impantanati. Ora intitolerà a sé abolizione delle Province, del
finanziamento pubblico ai partiti (in modo concreto: a cominciare dai
ratei che al Pd sono già dovuti), del Senato e delle parti più sbagliate
del federalismo. Sbatterà in faccia al M5S possibilità immediate di
risultato, anche da condividere, in cambio di un impegno sulla riforma
elettorale.
L’offerta verrà rifiutata, figuriamoci: e allora da quel momento, e
fino alle Europee di maggio, contro l’inutilità e la viltà grillina si
abbatterà la potenza di fuoco di uno che – flussi elettorali alla mano –
è perfettamente in grado di picconare il consenso per Grillo. Non
dispiace a palazzo Chigi, e tanto meno al Quirinale, che il conflitto si
svolga su questo terreno più che su quello economico, che non promette
risultati da brandire contro l’alleanza dei populisti. E Berlusconi?
Berlusconi non esiste, anche le ultime ore lo hanno visto risucchiato ai
margini di una contesa che non sa interpretare con l’energia che
richiederebbe, si accoda pateticamente a Cinquestelle
Il nemico non è più lui. Ora l’imperativo è: schiaccia il Grillo.
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