A dare consigli al nuovo segretario del Pd si rischia, se va bene,
la fine di Massimo D’Alema, se va male la fine di tanti altri
consiglieri non richiesti lasciati lungo la strada
A Giuliano Ferrara – che per chiunque faccia giornali rimane
uomo di massimo rispetto – verrebbe voglia di dare un consiglio
arrogantello, diciamo che lo proponiamo a beneficio d’altri: che a voler
spiegare a Matteo Renzi come si fa Matteo Renzi, si rischia se va bene
la fine di Massimo D’Alema, se va male la fine di tanti altri
consiglieri non richiesti lasciati lungo la strada.
Ma appunto non è cosa da dire a Ferrara (oltre tutto subito dopo
dovremmo dirla a noi stessi), anche se un potere rottamatorio il
segretario del Nuovo Pd lo ha perfino nei confronti di persone lontane
come il direttore del Foglio. Lo stesso Ferrara se ne rende
conto: in una settimana s’è sciolta come un gelato l’intera retorica
della pacificazione con la quale svariati reduci della guerra civile a
bassa intensità hanno tentato di trascinare se stessi e il berlusconismo
oltre la sua fine.
Il bello di Renzi (uno dei belli) è che lui non deve pacificarsi con
nessuno, se non tentare di far far pace tra gli italiani e la politica.
La chiusura di stagione è de facto, neanche va declamata, e
nessuna scelta politica è condizionata da formule apocalittiche o
impedimenti storici (bensì, com’è ovvio, da calcoli di convenienza e
opportunità: non siamo monsieur Candide a spasso per il Palazzo).
Così sulla riforma elettorale. Per Renzi è priorità assoluta,
casamatta da conquistare entro gennaio. Che non potesse essere materia
da recinto di maggioranza su Europa lo scrivemmo, figurarsi, all’alba del governo Letta: e quella sì che era una maggioranza.
Ora, per carità, ci vuol rispetto per Alfano, Quagliarello e Casini,
ma proprio da loro una minaccia di crisi di governo fa ridere: dunque si
acconcino come gli altri, pro quota parlamentare, a discutere e
rapidamente schierarsi sul testo intorno al quale il Nuovo Pd alla
camera aggregherà una prima maggioranza. Ci saranno i grillini?
Difficile. I forzisti? Forse. Per Renzi conta solo il contenuto
bipolarista e maggioritario.
Fin qui l’esortazione di Ferrara sarebbe soddisfatta, se lui per amor
del Cav non pretendesse che a rotta di collo dopo la riforma elettorale
ed entro la primavera Renzi dovrebbe far saltare anche governo,
legislatura e presidenza della repubblica. Arieccolo, il vizietto del
teorema. Vedremo. Se al paese dovesse risultare utile reggere con Letta e
Napolitano (come pensano loro) fino al 2015 con risultati concreti (una
prima scossa s’è vista), Renzi può benissimo passare dai cento metri al
mezzofondo. Ha più fiato degli sfiancatori, almeno così è andata
finora.
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