Il nuovo leader convince l’ex capo della Fgci, finora contrario.
Contenti i Giovani turchi. Verso altri incarichi alle minoranze?
Un gesto unitario. Il segnale chiaro – ammesso che ce ne fosse
bisogno – che il Nuovo Pd è e resterà unito. Un partito che esce dalle
primarie con un nuovo leader riconosciuto e forte del quasi 70 per cento
dei consensi ottenuto alle primarie di domenica, forte al punto di ottenere che il suo principale competitor assuma il ruolo di presidente dell’assemblea nazionale.
Renzi e Cuperlo, dunque. Non è un ticket perché il segretario è uno
solo, il primo: è però un tandem che non vuole annacquare le differenze
fra Renzi e la minoranza di sinistra, chiamata a sua volta a ridefinire
il senso della propria iniziativa interna.
Alla fine, quindi, l’ex capo della Fgci ha detto sì. Eppure era contrario.
Aveva timore di restare imbrigliato, e infatti giura che continuerà a
guidare la minoranza. Comunque la pressione di Renzi e la parallela
spinta dei Giovani turchi, cioè della parte “giovane” della sinistra che
intende costruire con il segretario un rapporto fecondo nel nome di una
rinnovato patto generazionale, hanno avuto la meglio.
Un reiterato rifiuto d’altra parte sarebbe stato difficilmente
comprensibile: anzi, avrebbe prestato il fianco a letture “ostili”,
fondate sulla irriducibilità della sinistra interna. Con conseguenze
potenzialmente devastanti, fino alla scissione. Il leader da parte sua
ottiene un gesto “unitario” dal suo principale sfidante. Forse preludio
di un ulteriore allargamento delle responsabilità di lavoro ad esponenti
dei Giovani turchi.
Tutto è bene ciò che finisce bene. Domani, domenica 15 dicembre, alla
vecchia Fiera di Milano i componenti della assemblea nazionale (che
dovranno eleggere la nuova direzione e approvare odg su lavoro, riforme e
Europa) formalizzeranno la leadership del sindaco di Firenze, la cui
relazione è molto attesa anche per verificare lo stato di salute nella
maggioranza e le valutazioni sulla scelta di Letta di abolire il
finanziamento ai partiti per decreto e sul percorso della legge
elettorale, finalmente incardinata a Montecitorio.
Non si escludono novità, la famosa “sorpresina” che il segretario del
Nuovo Pd scarterebbe per un Grillo già molto nervoso: magari la
rinuncia a prendere la tranche del finanziamento già stanziata per il suo partito.
Insomma, ad una settimana dalle primarie, Renzi chiude il cerchio
utilizzando quel 68 per cento che “costringe” le minoranze ad accettare
un clima interno di pacificazione.
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