lunedì 2 novembre 2015

Roma "città delle città": una grande riforma nel tempo del superprefetto


David Sassoli
2 novembre 2015
Con l'arrivo in Campidoglio del commissario, la "questione romana" darà il via ad una lunga campagna elettorale. Come spesso avviene, le ragioni della battaglia, dei rancori, dei mea culpa tartufeschi e della voglia di rivincita potrebbero far perdere di vista alcune questioni di fondo che, sindaco dopo sindaco e decennio dopo decennio, continuano a lacerare la Capitale. Se ci pensiamo a mente sgombra, cosa difficile in queste ore, tanti degli errori compiuti negli ultimi 8 anni hanno sempre rimandato a domande più generali. Come si governa Roma? Con quali strumenti è possibile amministrare il più vasto territorio comunale d'Europa? 
Il tempo 'neutrale' del commissariamento prefettizio è una straordinaria occasione per correggere meccanismi arcaici e impedire che le prossime amministrazioni si ritrovino impotenti a sguazzare nel pantano. Per molti aspetti, non tutti naturalmente, anche l'ultima débacle impone un'urgente opera di ristrutturazione dei meccanismi politico-amministrativi. Ma non c'è molto tempo e Parlamento e Governo dovrebbero intervenire rapidamente. 
Alcune cifre, per rendersi conto di cosa stiamo parlando. Roma (1.285,30 kmq) ha un territorio grande quanto la somma dei Comuni di Milano, Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bologna, Firenze, Bari e Catania. La nostra Capitale è un unicum non solo in Italia. In Europa, la sua area è superiore a quella di Comuni come Berlino, Parigi e Madrid. E anche New York e Mosca hanno territori più piccoli. Finora tutto è stato accentrato al Campidoglio. Anzi, con la legge sulle città metropolitane, il Comune di Roma ha acquisito nuovi poteri, ampliando così la propria zona d'influenza e di responsabilità su buona parte della sua provincia. La legge Delrio (n.56/2014), infatti, stabilisce che alla città metropolitana di Roma Capitale si applichino le stesse regole - salvo per i profili di "capitalità" - delle altre città metropolitane. È un buon metodo?
Le esperienze europee vanno esattamente in direzione opposta. Roma è l'unica grande città europea in cui quasi 3 milioni di abitanti e circa 150mila ettari di territorio sono riuniti in un solo Comune. Una situazione che ha sviluppato, nel corso della sua storia moderna, una costante cultura dell'emergenza e ha prodotto, a parte alcune illuminate esperienze a cavallo del secolo scorso, disprezzo per gli strumenti della pianificazione e una ricerca costante e umiliante di strumenti straordinari. La stessa vita quotidiana della città si svolge sempre all'insegna dell'emergenza. Il degrado del tessuto urbano poi, è sotto gli occhi di tutti. Non è un caso, invece, che le grandi metropoli si caratterizzino per una forte diversificazione di poteri e competenze. 
Da noi, i 15 Municipi di Roma somigliano a enti inutili: vengono eletti dai cittadini, ma sono senza bilancio, hanno poteri delegati e riferiti solo ad alcune materie; al contrario, in gran parte delle grandi città europee si tratta di veri Comuni, con tanto di sindaco, bilancio, urbanistica, servizi di controllo, responsabilità sulla manutenzione. Molto spesso hanno anche poteri sui servizi sociali, edilizia popolare e raccolta e smaltimento dei rifiuti. A Bruxelles, città di poco più di un milione di abitanti, vi sono 19 Comuni autonomi e alla Région de Bruxelles è demandata la competenza sulle grandi opere, le infrastrutture più rilevanti, la metropolitana, i trasporti pubblici, le politiche ambientali e abitative, la lotta alla disoccupazione. Sì, perché in numerose esperienze europee i Comuni si occupano anche di politiche per il lavoro. Il resto - bilancio, pianificazione urbana, manutenzione, cultura, assistenza sociale - è di responsabilità del sindaco di Ixelles, Anderlecht, Saint Gilles... Comuni spesso amministrati da giunte di colore politico diverso, consentendo così concorrenza sull'efficienza di molti servizi. 
Troppo piccola Bruxelles? Allora prendiamo Londra, dotata di un ordinamento specifico disciplinato dalla Greater London Authority Act (GLA) del 1999. La Grande Londra è equiparabile alle 8 regioni del Regno Unito, e comprende 33 Borghi (Boroughs) fra i quali è compresa la City, un'area di un miglio quadrato in centro città. Sia la Grande Londra che i Borghi hanno sindaci e assemblee elette. Competenze: la GLA non fornisce servizi ai cittadini, ma detiene competenze strategiche e responsabilità sul sistema dei trasporti, della sicurezza e dei sistemi antincendio, della pianificazione strategica e dello sviluppo economico. I Boroughs sono gli enti più importanti della città perché gestiscono i servizi pubblici: raccolta e smaltimento rifiuti, agenzie delle entrate, scuole, biblioteche, servizi sociali, manutenzione, edilizia popolare, salute ambientale, politiche per il tempo libero sono le funzioni assegnate ai London Borough Council. 
E potremmo continuare con Parigi, Madrid... Nella capitale spagnola, ad esempio, il sistema di governo è regolato da uno statuto speciale e strutturato su due livelli: municipale (l'Ayuntamento) e regionale (la Comunidad). Anche a Parigi, Comune e Arrondissements regolano, anche se in maniera diversa, le proprie competenze. Sarebbero sistemi utili anche per la nostra Capitale? 
Di certo, Roma ha bisogno rapidamente di una profonda riforma politico-amministrativa per troncare, ad esempio, la contrapposizione esistente fra la città consolidata - quella 'storica' che contiene tutte le funzioni - e le periferie, in cui abita l'80 per cento dei cittadini. E soprattutto per favorire logiche di integrazione e riqualificazione di vaste aree abbandonate e prive di servizi, in cui si esasperano squilibri sociali, privilegi di casta, vergognosi sprechi di risorse pubbliche. Grandi agglomerati urbani devono trovare dinamiche di gestione proprie delle città. E possono farlo solo diventando città. E come tutte le città, trovare un centro, sviluppare vocazioni, servizi, capacità di produrre benessere, urbanistica, responsabilità amministrativa. 
Disegnare una "città delle città", con sei o otto veri Comuni, potrebbe inoltre consentire al Campidoglio di dotarsi di un piano strategico e acquisire poteri di indirizzo e controllo idonei ad amministrare una vasta area urbana. Criminalità, malaffare, strumenti insufficienti, personale sotto utilizzato o male utilizzato, classe politica inadeguata, dipartimenti obsoleti, irresponsabilità amministrativa sono stati i fenomeni che hanno caratterizzato gli ultimi 8 anni di vita cittadina. La politica e i partiti hanno enormi responsabilità e oggi ci ritroviamo con una città non amministrata. Per molti aspetti non può esserlo con gli strumenti attuali. E non basta chiedere scusa ai romani - modo infantile e offensivo di prendere atto della propria incapacità - come fanno a gara in queste ore solitari esponenti di partito. 
Dopo l'ultima umiliante stagione, sarà il caso di farsi delle domande e una volta tanto cercare di andare in profondità nelle risposte. La stagione del commissario prefettizio è il tempo giusto per una ristrutturazione politico-amministrativa, in grado di sconfiggere la cultura dell'emergenza e dell'irresponsabilità, e dotare le istituzioni cittadine di strumenti in grado di governare un territorio che è sette volte più grande di quello di Milano e circa 11 volte il Comune di Napoli.

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