Riccardo Imberti
In questi giorni, con gli accadimenti di Parigi, i fatti di
casa nostra passano in secondo piano. La Francia, ma più in generale tutta
l'Europa, è attraversata da un sentimento di paura senza precedenti. I fatti
accaduti a Parigi ci dicono che la minaccia del terrorismo è palpabile e che
ogni Paese Europeo può essere preso di mira. Il terrorismo può colpire nei
luoghi più svariati e quindi difficili da tutelare.
La reazione del mondo non si è fatta attendere e, a partire
dal G20 in Turchia, pare che si stiano riallacciando i rapporti fra Usa e
Russia e questo può essere un processo utile a sconfiggere la grave minaccia
dell'Isis.
Ragionando a voce alta e a caldo credo che la reazione della
Francia sia comprensibile, ma occorra di più e altro rispetto all'uso della
forza. Basta guardare indietro per capirlo. In questi difficili anni l'Iraq,
l'Afganistan, la Libia, per citare i casi più conosciuti, dopo i bombardamenti che
hanno scalzato e ucciso i dittatori, sono diventati una polveriera. Ciò che
emerge con tutta evidenza è che la cacciata del despota non basta. Quei fatti
ci suggeriscono di non commettere gli stessi errori, di comprendere che la
situazione è molto complessa e proprio per questo esige una riflessione
approfondita su quale possa essere la strada più efficace per far fronte a
questa terribile ondata di terrore.
La prima questione riguarda ciò che è avvenuto in questi
anni con le esportazioni di armi convenzionali da parte dell'occidente, Francia
e Italia compresi, verso gli Emirati Arabi Uniti. In soli dieci anni sono
passati da irrilevanti a quasi cinque miliardi di dollari. Tagliare al più
presto questo commercio può essere una questione dirimente per contenere i
conflitti in Siria e in Iraq. In secondo luogo si devono trovare le alleanze
politiche in grado di costruire percorsi positivi sui processi di
governance nei singoli paesi. In terzo luogo vanno richiamate le comunità arabe
presenti in tutti i paesi europei perché escano dall'ambiguità dei loro
comportamenti. La formula della condanna attraverso i comunicati stampa non
basta. Devono essere richiamati a una responsabilità maggiore per denunciare
ciò che accade dentro le loro comunità. La loro predicazione, dentro e fuori i
luoghi di culto, non deve prestarsi ad ambiguità.
Sono riflessioni di buonsenso e bisogna credere possibile
una alternativa all'uso spropositato delle armi che negli anni recenti hanno
prodotto solo mostri. In questo senso l'atteggiamento del nostro Governo e di
Matteo Renzi mi paiono assolutamente condivisibili sperando che, come in
occasione del fenomeno migratorio, sappiano permeare anche il resto
dell'Europa.
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