giovedì 19 novembre 2015

Parigi

Riccardo Imberti
In questi giorni, con gli accadimenti di Parigi, i fatti di casa nostra passano in secondo piano. La Francia, ma più in generale tutta l'Europa, è attraversata da un sentimento di paura senza precedenti. I fatti accaduti a Parigi ci dicono che la minaccia del terrorismo è palpabile e che ogni Paese Europeo può essere preso di mira. Il terrorismo può colpire nei luoghi più svariati e quindi difficili da tutelare. 
La reazione del mondo non si è fatta attendere e, a partire dal G20 in Turchia, pare che si stiano riallacciando i rapporti fra Usa e Russia e questo può essere un processo utile a sconfiggere la grave minaccia dell'Isis.
Ragionando a voce alta e a caldo credo che la reazione della Francia sia comprensibile, ma occorra di più e altro rispetto all'uso della forza. Basta guardare indietro per capirlo. In questi difficili anni l'Iraq, l'Afganistan, la Libia, per citare i casi più conosciuti, dopo i bombardamenti che hanno scalzato e ucciso i dittatori, sono diventati una polveriera. Ciò che emerge con tutta evidenza è che la cacciata del despota non basta. Quei fatti ci suggeriscono di non commettere gli stessi errori, di comprendere che la situazione è molto complessa e proprio per questo esige una riflessione approfondita su quale possa essere la strada più efficace per far fronte a questa terribile ondata di terrore.
La prima questione riguarda ciò che è avvenuto in questi anni con le esportazioni di armi convenzionali da parte dell'occidente, Francia e Italia compresi, verso gli Emirati Arabi Uniti. In soli dieci anni sono passati da irrilevanti a quasi cinque miliardi di dollari. Tagliare al più presto questo commercio può essere una questione dirimente per contenere i conflitti in Siria e in Iraq. In secondo luogo si devono trovare le alleanze politiche in grado di  costruire percorsi positivi sui processi di governance nei singoli paesi. In terzo luogo vanno richiamate le comunità arabe presenti in tutti i paesi europei perché escano dall'ambiguità dei loro comportamenti. La formula della condanna attraverso i comunicati stampa non basta. Devono essere richiamati a una responsabilità maggiore per denunciare ciò che accade dentro le loro comunità. La loro predicazione, dentro e fuori i luoghi di culto, non deve prestarsi ad ambiguità.
Sono riflessioni di buonsenso e bisogna credere possibile una alternativa all'uso spropositato delle armi che negli anni recenti hanno prodotto solo mostri. In questo senso l'atteggiamento del nostro Governo e di Matteo Renzi mi paiono assolutamente condivisibili sperando che, come in occasione del fenomeno migratorio, sappiano permeare anche il resto dell'Europa.

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