Mario Lavia
L'Unità 4 novembre 2015
Sabato 7 assemblea di Sel e ex Pd
(tranne Civati), poi nuovo gruppo parlamentare, e poi chissà.
“Del diman non v’è certezza”,
verrebbe da dire dopo aver dato conto dei movimenti a sinistra: chi
può dire cosa sarà di Pippo Civati, Sergio Cofferati, Stefano
Fassina, Monica Gregori, Corradino Mineo, Alfredo D’Attorre, Carlo
Galli, Vincenzo Folino, i più noti fuoriusciti dal Pd? Sarebbero
scissionisti se fossero usciti tutti insieme contemporaneamente: ma
così è una specie di scissione sgocciolante, uno per uno, goccia a
goccia, appunto.
Però – fa notare D’Attorre,
bersaniano di stretta osservanza, che ieri sera ha annunciato l’addio
al Pd nell’assemblea dei parlamentari, davanti a Renzi – “questa
volta è diverso, perché Civati o Fassina erano usciti da soli senza
andare da nessuna parte. Mentre stavolta c’è un punto di coagulo,
c’è un primo approdo”.
L’approdo. Un primo approdo. Poi, con
la sinistra non si può mai dire, chi può fare previsioni. Però la
cosa va segnalata: sabato 7 novembre (anniversario della Rivoluzione
d’Ottobre) al teatro Quirino si ritroveranno tutti (tranne uno,
Civati): la Sel post-vendoliana a trazione Scotto-Fratoianni, poi
Fassina, quindi il trio D’Attorre-Galli-Folino, ci dovrebbero
essere anche gli ex grillini a suo tempo usciti/cacciati dal
Movimento, irrequieti come Claudio Fava – uscito da Sel e
rientrante nella post-Sel -, in platea il vecchio saggio Cofferati,
reduce dalla distruttiva battaglia ligure di cui Giovanni Toti ancora
ringrazia; e poi gente dell’Arci, di comitati vari, associazioni,
cigiellini di fede landiniana più che camussiana. La sinistra, e chi
sennò: e infatti il nuovo gruppo parlamentare post-Sel si chiamerà
proprio così, puramente e semplicemente “Sinistra”. Ennesima
incarnazione del mitico soggetto politico alla sinistra del Pd, la
“figlia” della lista Tsipras – e di peggio non potrà fare.
“Altri arriveranno, l’insofferenza
è grande – spiega D’Attorre – se finora non usciva allo
scoperto era perchè non c’era sbocco. Ma adesso che lo sbocco c’è
ci saranno altre uscite”. Hanno scritto D’Attorre e Fassina nel
loro documento: “La mutazione genetica del Pd, nato come forza
centrale del centrosinistra italiano, è purtroppo ormai compiuta. Lo
è per il programma economico-sociale, per l’idea delle istituzioni
e del sistema democratico, per la natura della sua vita interna, per
il radicale mutamento della composizione dei suoi iscritti ed
elettori, per le nuove alleanze politiche e sociali che si stanno
affermando”. Il Pd è di destra, via, facciamola breve: chiamala
insofferenza.
Legittimo domandarsi se siamo davanti
al primo atto della separazione del bersanismo tout court dal Pd. Ma
no: Bersani e il “suo” Roberto Speranza resteranno nel partito di
Renzi. Per essere un’alternativa a Renzi. Per sfidarlo non appena
il premier-segretario dovesse indebolirsi. Si punterà prima a una
gestione collegiale, poi alla sfida diretta, quando sarà il momento.
E resta Gianni Cuperlo, fedele all’idea della battaglia
interna “per spostare l’asse del partito”.
Ma che intanto ci sia una Cosetta rossa
fuori dal Pd pronta a mordergli i polpacci può essere comunque utile
per dare forza alla battaglia interna di quella sinistra pd che resta
dentro. A partire dalle amministrative, dove, forse con Fassina a
Roma e candidati propri a Milano e Napoli, si può conquistare sul
campo una piena visibilità. Per cui, l’uscita dei “dattorriani”
è in qualche modo benedetta dall’ex segretario o comunque non
ostacolata.
“Possibile” no, resta ancora fuori.
“Ma i percorsi sono destinati a incontrarsi…”, profetizza
D’Attorre, pur sapendo bene che Pippo Civati è per definizione il
più irregolare di tutti, quello meno “amalgamabile”, un loner
che caratterialmente fatica a lavorare gomito a gomito con altri (“ha
qualcosa di quell’altro..”, ironizza Gianni Cuperlo alludendo
alla coppia Civati-Renzi della prima Leopolda). “No, smentiamo”,
ha infatti twittato oggi il portavoce di Pippo, riferendosi alle voci
che davano Civati in avvicinamento alla nuova Cosetta rossa del
Quirino.
Possibile che “Possibile”
preferisca interloquire solo con Maurizio Landini, della cui
Coalizione sociale però si sono perse le tracce (“Quando si
pensava a me come leader politico mi cercavate tutti – ha detto il
capo della Fiom a qualche giornalista – ora che faccio il
sindacalista e basta non mi cercate più…”), e soprattutto curare
per bene la ferita auto-inflitta del fallimento dei referendum, ma a
un certo punto – non ha torto D’Attorre – è probabile che
bisognerà parlarsi, se si vuole costruire il mitico nuovo soggetto
politico e non solo una Cosetta rossa buona per qualche titolo
giornalistico e basta come tante altre volte è capitato.
Nessun commento:
Posta un commento