Fabrizio Rondolino
L'Unità 2 novembre 2015
Non è certo un renziano, ma l’ex
dirigente comunista nell’intervista non pronuncia le parole che
sono nel titolo.
Normalmente, un’intervista serve a
far conoscere ai lettori l’opinione dell’intervistato.
L’intervista è un palcoscenico che viene offerto all’ospite,
perché possa esporre al pubblico ciò che pensa. L’intervistatore
può obiettare, contestare, argomentare; può persino dissociarsi
dalle parole che trascrive: ma non può – non potrebbe –
attribuirgli pensieri e giudizi non suoi, o addirittura contrari, di
cui non c’è traccia nella conversazione. E’ una questione di
rispetto per l’intervistato, ma soprattutto per i lettori: i quali,
se per esempio sono interessati a conoscere le opinioni di Alfredo
Reichlin, hanno il diritto di conoscerle attraverso le sue parole,
non nella caricatura sfigurata che ne fa il giornale che lo ospita.
“Il Pd ha sconfitto e tradito la
sinistra”: così, fra virgolette – dunque simulando una
trascrizione esatta delle parole di Reichlin – il Fatto titola oggi
in prima pagina un’intervista al leader storico del Pci. Purtroppo
per i lettori del Fatto, e fortunatamente per tutti gli altri, di
quest’affermazione non c’è neppure l’eco nelle parole di
Reichlin. Non un accenno, un’allusione, un indizio. Niente.
Intendiamoci: Reichlin non è un
renziano. Come tutti i grandi comunisti italiani, è prima di tutto
un grande conservatore. Scrive spesso sull’Unità e non manca di
far valere il suo punto di vista. E anche nell’intervista al Fatto
non lesina le critiche a Renzi: sul rapporto con i sindacati, per
esempio, o sulla gestione della crisi di Roma. Ma del Pd critica
l’essere nato come assemblaggio di “spezzoni di ceto politico”
(dunque si riferisce ad una fase che precede l’arrivo di Renzi) e
della sinistra post-comunista dice che “siamo stati sconfitti”,
non che il Pd l’ha sconfitta. E al presidente del Consiglio
riconosce il suo essere “una personalità straordinaria”, sebbene
non sia “il fondatore di una cultura di partito”.
Che bisogno c’è di stravolgere il
pensiero di un uomo presentato, giustamente, come “una testa
lucida, lucidissima, una delle grandi memorie storiche del nostro
paese”? Qual è il vantaggio, lo scopo, il guadagno? E,
soprattutto, che cosa spinge Travaglio a pensare che i suoi lettori
siano così stupidi?
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