Fabrizio Rondolino
L'Unità 16 marzo 2016
Basterà la precoce campagna per il No
alla riforma costituzionale a far risalire le vendite del Fatto?
Il Fatto s’è lanciato con lodevole
anticipo – il testo dev’essere ancora approvato in via
definitiva, il referendum confermativo non è ancora stato fissato –
nell’eroica battaglia contro la riforma che snellisce e modernizza
il nostro polveroso ordinamento istituzionale. E oggi ci informa che
ben 100mila clic hanno omaggiato l’appello online che vanta fra i
primi firmatari costituzionalisti del calibro di Monica Guerritore,
Gustavo Zagrebelsky, Fiorella Mannoia, Stefano Rodotà e Daniela
Poggi.
E’ possibile che dietro tanto
anticipato attivismo si nascondi il desiderio di risalire la china
delle vendite: se è così, non possiamo che fare a Marco Travaglio i
nostri migliori auguri. E’ diventato direttore il 3 febbraio 2015,
e i risultati non si possono negare: a gennaio dell’anno scorso, il
mese prima che diventasse direttore, il Fatto vendeva ogni giorno
64.759 copie; quest’anno, sempre a gennaio, ne ha vendute 39.134:
circa 25mila in meno, con un calo del 39,6% in dodici mesi.
Perché la gloriosa campagna per il No
alle riforme abbia successo, se non nelle urne quantomeno nelle
edicole, occorre però che l’ardito Travaglio ripassi un po’ di
dottrina e magari si faccia spiegare, da Zagrebelsky o dalla Mannoia,
che cos’è la Costituzione: altrimenti rischia, come gli è
accaduto nell’editoriale di oggi, di inciampare in qualche
castroneria.
Scrive infatti Travaglio che “la
Parte Prima [della Costituzione] non solo viene toccata: viene
stravolta”. Infatti, ragiona il brillante giurista, all’articolo
1 si dice che “la sovranità appartiene al popolo, che la esercita
nelle forme e nei limiti della Costituzione”: ma “tra queste
forme e questi limiti” non c’è l’Italicum, ergo l’art. 1 è
stato “stravolto”.
Lo so, ci vuole pazienza, ma proviamoci
lo stesso: dunque, caro Travaglio, per prima cosa occorre sapere che
la legge elettorale è una legge ordinaria, non fa parte della
riforma Boschi e non sarà sottoposta a referendum confermativo.
Bisogna poi sapere che il popolo esercita la sovranità di cui
dispone attraverso il voto, che è disciplinato da una legge, che è
approvata dal Parlamento: per capirci, non è la redazione del Fatto
che stabilisce come si deve votare.
Infine, se proprio vogliamo parlare di
Italicum, può anche essere utile sapere che per conquistare la
maggioranza dei seggi alla Camera non basta, come scrive Travaglio,
il 25% dei voti: bisogna superare almeno il 40% o, in caso di
ballottaggio, il 50%. E questo, siamo pronti a scommettere, lo sa
persino Zagrebelsky.
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