giovedì 10 marzo 2016

Salvare le primarie, subito la legge sui partiti


Marina Sereni
L'Unità 9 marzo 2016
Servono le riforme per rafforzare la democrazia. Stupisce, ma poi neanche più di tanto, che il M5S gridi al complotto di fronte alla discussione in corso sulle proposte di legge di attuazione dell’art.49 della Costituzione
A che servono le polemiche di queste ore sulle primarie del PD a Roma, Napoli, Trieste, Bolzano? Ovviamente ad attaccare il Partito democratico che, scegliendo lo strumento delle primarie aperte per selezionare i prossimi candidati sindaci, insiste testardamente nel cercare un modo per rinnovare la politica, per aprire i partiti alla partecipazione diretta dei cittadini, per riannodare i fili tra elettori ed eletti. Le polemiche tuttavia non nascono dal nulla poiché gli episodi segnalati davanti ad alcuni seggi a Napoli e ora le voci sulle schede bianche a Roma richiedono una risposta tempestiva e di chiarezza. Abbiamo le regole e gli organismi preposti per farle rispettare: facciamo subito luce sulle eventuali irregolarità, sanzioniamo gli eventuali responsabili, salviamo dalle polemiche la partecipazione di decine di migliaia di elettori che – pure in contesti difficili – hanno scelto di contribuire limpidamente e democraticamente alla vita del PD e del centrosinistra verso le prossime amministrative.
Il peggior servizio che possiamo fare alle primarie è fare di tutta l’erba un fascio, lasciare che le polemiche finiscano con il negare il valore della mobilitazione di tante e di tanti, magari per i comportamenti scorretti di pochi. Non può sfuggire (spero anche alla minoranza PD) il fatto che i nostri avversari politici, sia il M5S che il centrodestra, non abbiano neppure la più pallida idea di cosa sia la democrazia interna ad un partito. La vicenda di Quarto, emblematica per la chiusura a riccio e l’afasia del gruppo dirigente nazionale del M5S, così come quella riportata in queste ore dai giornali circa la possibilità che la Casaleggio Associati abbia spiato illegalmente le mail dei parlamentari pentastellati, la dicono lunga sulla mancanza di trasparenza e di regole democratiche all’interno di un movimento che vorrebbe dare lezioni a tutti gli altri. Quando nel PD si sono verificati problemi non abbiamo mai messo la polvere sotto il tappeto, li abbiamo affrontati immediatamente e con rigore. Lo faremo anche ora perché è importante dare risposte agli elettori che si sono recati domenica scorsa ai gazebo e perché vogliamo e dobbiamo salvare lo strumento e l’esperienza delle primarie.
Detto questo forse serve anche allargare un po’ lo sguardo. Può esistere “la democrazia in un partito solo”? O possiamo immaginare una democrazia senza i partiti? La mia risposta è negativa ad entrambe le domande. Siamo in un contesto internazionale di crisi della democrazia come l’abbiamo conosciuta nei paesi occidentali. A meno che non vogliamo guardare ad esperienze di stampo autoritario dobbiamo interrogarci su quali possano essere i correttivi e i cambiamenti da introdurre per uscire da questa crisi rafforzando e non indebolendo la democrazia. I partiti – come ha giustamente ricordato ieri il Presidente Mattarella – sono soggetti insostituibili in uno stato democratico. La disaffezione dei cittadini verso la politica e l’astensionismo sono un problema di tutti, almeno di tutti i sinceri democratici.
Definire con legge le regole per garantire nei partiti una vita democratica interna e il massimo di trasparenza nel rapporto tra la politica e altri ambiti della vita economica, sociale, istituzionale del Paese è non solo opportuno ma indispensabile per restituire ai cittadini il diritto ad “associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” come prevede l’art. 49 della Costituzione. E oggi, di fronte alle novità – alle potenzialità straordinarie ma anche ai rischi – delle nuove tecnologie, di fronte alla dimensione sovranazionale di molte delle sfide che la politica deve affrontare, dobbiamo immaginare strumenti di partecipazione dei cittadini che possano rispondere adeguatamente ad una società più articolata e complessa di quella del tempo in cui la nostra Costituzione fu scritta. Dibattito pubblico informato e consapevole, strumenti di consultazione preventiva su grandi scelte, norme più cogenti per le leggi di iniziativa popolare e per i referendum: su tutti questi terreni siamo già intervenuti sia con la riforma costituzionale in dirittura d’arrivo sia con leggi ordinarie come il nuovo Codice degli appalti. Ora manca il tassello sui partiti, sulla loro natura giuridica e sulle regole che ne dovrebbero informare la vita e l’attività. In questo contesto forse varrebbe la pena approfondire anche il tema di come sostenere i partiti nell’organizzazione di momenti di partecipazione degli elettori come le primarie.
Stupisce, ma poi neanche più di tanto, che il M5S gridi al complotto di fronte alla discussione in corso sulle proposte di legge di attuazione dell’art.49 della Costituzione. E’ un’illusione che si possa migliorare la politica senza confronto democratico, senza regole, senza delimitare il potere di ognuno e i diritti di ciascuno. Uno vale uno è lo slogan più smentito ed usurato del M5S. La politica fatta da tante e da tanti pretende forme organizzate di cui siano leggibili le dinamiche, i ruoli e le responsabilità. E’ comprensibile che chi cresce sulla sfiducia verso le istituzioni e sugli scandali non voglia riforme per rendere le istituzioni democratiche e la politica più trasparenti e migliori. Ma alla lunga anche chi pensa di essere immune verrebbe travolto. Per questo noi dobbiamo fare le riforme, anche per loro, anche per chi pensa, immotivatamente come mostrano i fatti, di essere geneticamente migliore.

Nessun commento:

Posta un commento