Marina Sereni
L'Unità 9 marzo 2016
Servono le riforme per rafforzare la
democrazia. Stupisce, ma poi neanche più di tanto, che il M5S gridi
al complotto di fronte alla discussione in corso sulle proposte di
legge di attuazione dell’art.49 della Costituzione
A che servono le polemiche di queste
ore sulle primarie del PD a Roma, Napoli, Trieste, Bolzano?
Ovviamente ad attaccare il Partito democratico che, scegliendo lo
strumento delle primarie aperte per selezionare i prossimi candidati
sindaci, insiste testardamente nel cercare un modo per rinnovare la
politica, per aprire i partiti alla partecipazione diretta dei
cittadini, per riannodare i fili tra elettori ed eletti. Le polemiche
tuttavia non nascono dal nulla poiché gli episodi segnalati davanti
ad alcuni seggi a Napoli e ora le voci sulle schede bianche a Roma
richiedono una risposta tempestiva e di chiarezza. Abbiamo le regole
e gli organismi preposti per farle rispettare: facciamo subito luce
sulle eventuali irregolarità, sanzioniamo gli eventuali
responsabili, salviamo dalle polemiche la partecipazione di decine di
migliaia di elettori che – pure in contesti difficili – hanno
scelto di contribuire limpidamente e democraticamente alla vita del
PD e del centrosinistra verso le prossime amministrative.
Il peggior servizio che possiamo fare
alle primarie è fare di tutta l’erba un fascio, lasciare che le
polemiche finiscano con il negare il valore della mobilitazione di
tante e di tanti, magari per i comportamenti scorretti di pochi. Non
può sfuggire (spero anche alla minoranza PD) il fatto che i nostri
avversari politici, sia il M5S che il centrodestra, non abbiano
neppure la più pallida idea di cosa sia la democrazia interna ad un
partito. La vicenda di Quarto, emblematica per la chiusura a riccio e
l’afasia del gruppo dirigente nazionale del M5S, così come quella
riportata in queste ore dai giornali circa la possibilità che la
Casaleggio Associati abbia spiato illegalmente le mail dei
parlamentari pentastellati, la dicono lunga sulla mancanza di
trasparenza e di regole democratiche all’interno di un movimento
che vorrebbe dare lezioni a tutti gli altri. Quando nel PD si sono
verificati problemi non abbiamo mai messo la polvere sotto il
tappeto, li abbiamo affrontati immediatamente e con rigore. Lo faremo
anche ora perché è importante dare risposte agli elettori che si
sono recati domenica scorsa ai gazebo e perché vogliamo e dobbiamo
salvare lo strumento e l’esperienza delle primarie.
Detto questo forse serve anche
allargare un po’ lo sguardo. Può esistere “la democrazia in un
partito solo”? O possiamo immaginare una democrazia senza i
partiti? La mia risposta è negativa ad entrambe le domande. Siamo in
un contesto internazionale di crisi della democrazia come l’abbiamo
conosciuta nei paesi occidentali. A meno che non vogliamo guardare ad
esperienze di stampo autoritario dobbiamo interrogarci su quali
possano essere i correttivi e i cambiamenti da introdurre per uscire
da questa crisi rafforzando e non indebolendo la democrazia. I
partiti – come ha giustamente ricordato ieri il Presidente
Mattarella – sono soggetti insostituibili in uno stato democratico.
La disaffezione dei cittadini verso la politica e l’astensionismo
sono un problema di tutti, almeno di tutti i sinceri democratici.
Definire con legge le regole per
garantire nei partiti una vita democratica interna e il massimo di
trasparenza nel rapporto tra la politica e altri ambiti della vita
economica, sociale, istituzionale del Paese è non solo opportuno ma
indispensabile per restituire ai cittadini il diritto ad “associarsi
liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a
determinare la politica nazionale” come prevede l’art. 49 della
Costituzione. E oggi, di fronte alle novità – alle potenzialità
straordinarie ma anche ai rischi – delle nuove tecnologie, di
fronte alla dimensione sovranazionale di molte delle sfide che la
politica deve affrontare, dobbiamo immaginare strumenti di
partecipazione dei cittadini che possano rispondere adeguatamente ad
una società più articolata e complessa di quella del tempo in cui
la nostra Costituzione fu scritta. Dibattito pubblico informato e
consapevole, strumenti di consultazione preventiva su grandi scelte,
norme più cogenti per le leggi di iniziativa popolare e per i
referendum: su tutti questi terreni siamo già intervenuti sia con la
riforma costituzionale in dirittura d’arrivo sia con leggi
ordinarie come il nuovo Codice degli appalti. Ora manca il tassello
sui partiti, sulla loro natura giuridica e sulle regole che ne
dovrebbero informare la vita e l’attività. In questo contesto
forse varrebbe la pena approfondire anche il tema di come sostenere i
partiti nell’organizzazione di momenti di partecipazione degli
elettori come le primarie.
Stupisce, ma poi neanche più di tanto,
che il M5S gridi al complotto di fronte alla discussione in corso
sulle proposte di legge di attuazione dell’art.49 della
Costituzione. E’ un’illusione che si possa migliorare la politica
senza confronto democratico, senza regole, senza delimitare il potere
di ognuno e i diritti di ciascuno. Uno vale uno è lo slogan più
smentito ed usurato del M5S. La politica fatta da tante e da tanti
pretende forme organizzate di cui siano leggibili le dinamiche, i
ruoli e le responsabilità. E’ comprensibile che chi cresce sulla
sfiducia verso le istituzioni e sugli scandali non voglia riforme per
rendere le istituzioni democratiche e la politica più trasparenti e
migliori. Ma alla lunga anche chi pensa di essere immune verrebbe
travolto. Per questo noi dobbiamo fare le riforme, anche per loro,
anche per chi pensa, immotivatamente come mostrano i fatti, di essere
geneticamente migliore.
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