sabato 23 aprile 2016

SONO TORNATI I "PROFESSORI"


Sandro Albini
leggo, sul "Corriere" di oggi, la notizia di un documento, sottoscritto da 56 costituzionalisti "di peso", i quali contestano i principali punti della riforma Boschi fornendo argomenti al fronte del no. L'autorevolezza dei firmatari è tale da conferire credibilità a tesi che invece non ne meritano. Non ho letto il documento, mi rifaccio quindi al testo dell'articolo. 1. Ne è uscito un Senato indebolito: ma non era quello l'obiettivo della riforma? Configurare il Senato come "Camera delle Regioni" togliendogli la duplicazione delle funzioni della Camera. Poi magari il testo avrebbe potuto essere migliore, ma a volte l'ottimo è nemico del buono. 2. Si ridimensiona il ruolo legislativo delle Regioni: ma in questi ultimi 30 anni non abbiamo criticato tutti la deriva per cui in Italia ci sono 20 servizi sanitari differenti, una pletora di provvedimenti applicativi regionali degli indirizzi nazionali con la nascita di modelli diversi in tutti i campi dell'agire amministrativo? Con conflitti infiniti dovuti alla legislazione concorrente sulle stesse materie? 3. Si vogliono ridurre i costi diminuendo il numero delle cariche pubbliche, denunciano i professori. Ma non è così che si deve fare dato che ogni carica pubblica diventa necessariamente un centro di spesa? Infine la valutazione politica: è una riforma fatta a maggioranza mentre c'era bisogno di un consenso più ampio. Ma se il procedimento è partito con il 70% di consensi delle forze in Parlamento e poi una parte si è sfilata per ragioni che non hanno nulla a che vedere con il merito della riforma, cosa doveva fare il Governo? Si capisce, alla fine, qual'è il vero obiettivo dei firmatari: mandiamo tutto a monte e andiamo avanti alla vecchia. Dopo che per decenni i "professori" hanno criticato la normativa attuale proponendo soluzioni simili a quelle adottate. Perché? Poi ho capito: siccome il Governo non si è rivolto a loro, unica fonte legittimata a parlare di Costituzione, qualsiasi cosa si faccia non è da fare. Mi ricorda una vicenda personale: quando esattamente 20 anni fa la Giunta Regionale Lombarda approvò il testo della radicale riforma sanitaria della Lombardia (scritta da me, e da un collega, allora responsabile della programmazione sanitaria) la Bocconi diffuse un libello attaccando la proposta, salvo, quando divenne legge regionale n. 31/97 tentare di metterci il cappello (non furono gli unici). Tradotto: qualsiasi cosa venga fatta saltando il corpo accademico (sostanzialmente il vero potere forte in tutti gli ambiti) è per principio sbagliata e va combattuta. Poi delle conseguenze, chi se ne frega, lor signori il loro scranno con relative prebende non glielo toglie nessuno.

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