Chicco Testa
L'Unità 24 luglio 2016
Parisi si imballa nel momento in cui
deve spiegare il No al referendum, ma questo è un piccolo prezzo da
pagare al resto del centrodestra
Stefano Parisi, neocandidato a guidare
il centrodestra italiano, dice in un’intervista al Foglio cose
molto interessanti. Fino a un certo punto. Poi si imballa. Il sistema
di valori e il programma che Parisi espone hanno un chiaro segno che
potremmo definire liberal-socialista. Il giornalista che lo
intervista gli fa notare maliziosamente che ci sono molti punti in
comune con il programma del Pd e del Governo Renzi.
Libertà economica, amministrazione
pubblica digitale e antiburocratica, politica estera filoaltlantica,
semplificazione del processo legislativo, riforma garantista della
giustizia, welfare consistente nei confronti dei più deboli, riforma
e rilancio delle istituzioni europee. In effetti è cosi e non ci
vedo niente di male. Anzi. Dipende poi naturalmente dal peso e dagli
accenti che si vogliono dare alle diverse parti, ma il fatto che
centrodestra e centrosinistra possano condividere alcune scelte di
fondo mi sembra un buon segno. Così come mi sembra positivo il tono
complessivamente moderato usato da Parisi. Lontano mille miglia dalle
urla di Salvini e Brunetta.
Dove si imballa Parisi? Quando cerca di
spiegare perché bisogna votare No al Referendum. Perché lì tutto
il fervore riformista muore in una prospettiva che ci riporta pari
pari alla Commissione Bozzi di alcune decine di anni fa. E Parisi
mostra il vizio che un riformista non dovrebbe mai possedere. Il
perfettismo. Dire no ad una riforma, perché astrattamente si
potrebbe fare meglio. Dimenticando che le occasioni vanno colte
quando si presentano, con i rapporti di forza dati e cogliendo le
opportunità che si offrono. Pensare che il Parlamento possa mettere
oggi all’ ordine del giorno nuovamente una riforma costituzionale
con cosucce come l’elezione diretta del Presidente della
Repubblica, il rafforzamento del premierato, la trasformazione del
Senato in una Camera costituente, queste sono le proposte di Parisi,
significa sottovalutare completamente il quadro che deriverebbe da un
eventuale vittoria del No e sopravvalutare la capacità di un
Parlamento ormai consunto, balcanizzato e con i 5stelle con compiti
di guastatori. Oltre a non risolvere il problema della prossima legge
elettorale.
Il No al referendum è in realtà solo
il prezzo che Parisi deve pagare al resto del centrodestra e
capovolge la credibilità dell’intera operazione. Se per
accontentare Salvini e Brunetta devi mettere in campo un libro dei
sogni … be’questo è un errore che un riformista non dovrebbe mai
fare. Perché si trasforma in un attimo in un velleitario sognatore.
Alla fine poi non credo nemmeno che i suoi possibili partner si
accontenteranno. Meglio sarebbe stato se Parisi avesse fatto il suo
lavoro fino in fondo con coerenza, contribuendo a disegnare un campo
completamente nuovo. Così invece rimane in mezzo al guado.
Nessun commento:
Posta un commento