Giuseppe Turani | 20/01/2018
L'idea era, è, semplice: abbattere
l'Italia corporativa e consociativa. Ma si è rivelata un'impresa
titanica.
La campagna elettorale è appena cominciata, ma si è già capito
che, ancora una volta i giochi girano intorno a Matteo Renzi. Quello
che rischia di più in questa tornata elettorale è proprio lui. Un
successo lo renderebbe quasi invincibile anche per il futuro. Un
insuccesso aprirebbe comunque la strada a parecchi problemi.
Viene allora spontaneo ragionare su
questo protagonista della politica italiana e chiedersi: ma che cosa
ha fatto di importante Renzi, da essere così amato dai suoi e odiato
da tutti gli altri? Molti diranno il job act, i diritti civili, gli
80 euro.
La risposta in realtà è molto più
banale: Renzi ha dimostrato che si può fare. Si può fare che un
gruppo di giovani amministratori locali di provincia conquisti prima
il partito, facendone segretario il loro leader e poi addirittura il
presidente del Consiglio.
Matteo Renzi ha dimostrato che si può
fare un governo con gente quasi tutta giovane e alla prima esperienza
ministeriale senza sfigurare e, anzi, facendo un sacco di cose. Ha
dimostrato che si può fare un governo, e governare, senza stare a
raccogliere il parere preventivo di tutti i poteri grandi e piccoli
che girano per il paese.
Ha dimostrato, insomma, che il ricambio
generale e politico si può fare.
L’odio dei nemici nasce proprio da
questo “si può fare”. Secondo loro, infatti, non si doveva
“poter fare”. Tutto andava gestito in condivisione, con calma,
come si è sempre fatto. Senza strappi e, soprattutto, con gente
esperta e navigata, che conosce l’arte della mediazione fra i vari
poteri e che sa quali santuari non vanno disturbati.
Matteo ha rotto tutto questo e,
orrore, ha persino osato disegnare una riforma costituzionale
che avrebbe raso al suolo la Repubblica consociativa nella quale
siamo vissuti da dopo la guerra a oggi.
Allora, i poteri, tutti i poteri,
grandi e piccini hanno deciso che Matteo non va. Queste cose non si
debbono fare. Hanno capito che lui puntava, e punta, a una politica
forte che sceglie (anche con errori, a volte), ma è proprio questo
che non si vuole. E non sono tanto i poteri forti (inesistenti)
quanto i mille poteri che in questi decenni si sono spartiti il
paese. I farmacisti non sono la Spectre, e nemmeno i taxisti. E
neanche gli ambulanti. Eppure hanno potere di veto sulle cose di loro
pertinenza.
Ma tutta questa gente, che vive di
piccoli o grandi privilegi, non vuole uscire dalla repubblica
consociativa, dove hanno trovato un angolino per crescere e
prosperare.
I nemici di Renzi, quindi, non sono i
grandi imprenditori (quasi inesistenti, ormai) o i grandi banchieri
(pochissimi e pieni di guai). Sono i mille poteri diffusi, le mille
posizioni di rendita distribuite in questi anni.
Ma allora Renzi ha contro un intero
popolo? No. Però il 4 dicembre il 60 per cento gli ha votato
esplicitamente contro. E non tanto per via di D’Alema o di altri
figuri del genere, ma per il rifiuto a uscire da una società
consociativa, dove ci si mette d’accordo e alla fine si trova una
ricompensa (grande o piccola per tutti) al di fuori di qualsiasi
regola di mercato.
Ecco perché la battaglia di Renzi (fra
buone idee e errori clamorosi) non sarà facile. Più che una
politica, deve smontare qualcosa che è diventato sistema di vita,
patto fra le classi e i ceti, costituzione non scritta, costume
collettivo.
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