Stefano Ceccanti
10 gennaio 2018
La coalizione di centrodestra si è
incartata sulla Regione Lombardia. I rapporti di forza non sono più
univoci come un tempo e quindi deve accettare il leghista Fontana,
che non è un candidato imbattibile, con possibili riflessi anche sul
voto politico nella Regione che assegna il maggior numero di seggi.
Come se non bastasse il 17 la Camera
voterà sul Niger e con tutta probabilità la coalizione dimostrerà
di non esisstere sulla politica estera, con Fi a favore e Lega
contro.
Ci sono quindi tutte le condizioni per
cui il centrodestra invece che salire sopra il 40 possa scendere
anche sotto il 35. Il che significa che, finita la finzione di una
coalizione pre-elettorale, essa si possa ridividere esprimendo solo
il terzo e il quarto gruppo parlamentare, entrambi con meno del 20
per cento dei seggi, che si presenteranno alle consultazioni per la
formazione del Governo.
Il primo e il secondo posto se lo
disputano solo Pd e M5S con un dettaglio che pochi conoscono: sul
proporzionale i voti delle liste alleate che ottengono tra l'1 e il 3
per cento si riversano a favore delle liste alleate che superano lo
sbarramento. Per questo, anche a sondaggi invariati, il Pd poco sotto
il 25 grazie agli alleati (per ora piccoli nei sondaggi) è già ora
in grado di scavalcare il M5S.
Ovviamente le ultime settimane di
campagna possono cambiare tutto in tutte le direzioni, specie
considerando che i sondaggi sono fatti senza candidati.
Per questo, dopo tanti giorni di false
certezze, sui quotidiani l'impasse sulla Lombardia sembra aver fatto
riflettere molti, persino su quelli di centrodestra. I vincitori
annunciati troppo presto non esistono. Citofonare alla signora May.
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