Bioshopper . Legambiente:
Le bugie sui nuovi
bioshopper per gli alimenti: tassa occulta e monopolio aziendale
sulle bioplastiche
Legambiente: "Troppe bufale e
inesattezze sui sacchetti biodegradabili e compostabili che
invece fanno bene all’ambiente e aiutano a contrastare il
problema dell’inquinamento da plastica Non c’è
nessuna tassa occulta né monopolio aziendale. E il problema delle
buste usa e getta si può facilmente superare con una circolare
ministeriale che permetta ad esempio l’uso e riutilizzo delle
retine ”
Italiani sempre più
divisi sui nuovi bioshopper biodegradabili e compostabili, a
pagamento, utilizzati per gli alimenti ed entrati in vigore dal 1
gennaio 2018: c’è chi li sostiene e che invece ha molti dubbi al
riguardo, e non mancano in queste ore il proliferare di affermazioni
inesatte su una novità che, invece, fa bene all’ambiente e aiuta a
contrastare in maniera efficace l’inquinamento da plastica non
gestita correttamente e il problema del marine litter. Per questo
Legambiente punta il dito contro le “bugie” che stanno circolando
in questi giorni: dalla cosiddetta “tassa occulta” alla
questione del monopolio di Novamont, azienda a cui si deve
l’invenzione del Mater-Bi. Da sempre – ribadisce l’associazione
ambientalista - i cittadini pagano in modo invisibile gli imballaggi
che acquistano con i prodotti alimentari ogni giorno, la differenza è
che dal 1 gennaio, con la nuova normativa sui bioshopper, il prezzo
di vendita del sacchetto è visibile e presente sullo scontrino.
Altra bufala, la questione del monopolio di Novamont: per Legambiente
si tratta di una accusa senza alcun fondamento, dato che in Italia si
possono acquistare bioplastiche da diverse aziende della chimica
verde mondiale. Infine c’è la questione dell'utilizzo dei
sacchetti monouso, un problema che si può facilmente superare
semplicemente con una circolare ministeriale che permetta in modo
chiaro, a chi vende frutta e verdura, di far usare sacchetti
riutilizzabili, come ad esempio le retine, pratica già in uso nel
nord Europa.
“Le polemiche di questi
giorni – dichiara Stefano Ciafani, direttore generale di
Legambiente – sono davvero incomprensibili: non è corretto
parlare di caro spesa né di tassa occulta o di qualche forma di
monopolio aziendale. Sarebbe utile che ci si preoccupasse dei
cambiamenti climatici e dell'inquinamento causato dalle plastiche non
gestite correttamente, e che si accettassero soluzioni tecnologiche e
produttive che contribuiscono a risolvere questi problemi, senza
lasciarsi andare a polemiche da campagna elettorale di cui non se ne
sente il bisogno. È ora di sostenere e promuovere l’innovazione
che fa bene all’ambiente, senza dimenticare di contrastare il
problema dei sacchetti di plastica illegali. Circa la metà di quelli
in circolazione sono infatti fuorilegge, un volume pari a circa 40
mila tonnellate di plastica, e una perdita per la filiera legale dei
veri shopper bio pari a 160 milioni di euro, 30 solo per evasione
fiscale”.
Tassa occulta? Per
Legambiente non è nulla di tutto ciò. Da sempre i cittadini pagano
in modo invisibile gli imballaggi che acquistano con i prodotti
alimentari ogni giorno. Nessun produttore o nessuna azienda della
grande distribuzione ha mai fatto ovviamente e naturalmente
beneficenza nei confronti dei consumatori. Unica differenza, è che
questa volta il costo è visibile, perché l'obiettivo della norma è
aumentare la consapevolezza dei consumatori su un manufatto che se
gestito non correttamente può causare un notevole impatto
ambientale.
La legge vieta il
riutilizzo dei sacchetti? Questo problema si può ovviare
semplicemente con una circolare esplicativa del Ministero
dell'ambiente e della salute che permetta in modo chiaro, a chi vende
frutta e verdura, di far usare sacchetti riutilizzabili, come ad
esempio le retine, pratica già in uso nel nord Europa. In questo
modo si garantirebbe una riduzione auspicabile dell'uso dei sacchetti
di plastica, anche se compostabile, come già fatto coi sacchetti per
l'asporto merci (che grazie al bando entrato in vigore nel 2012
in 5 anni sono stati ridotti del 55%).
È una legge basata sul
monopolio dell'azienda Novamont? Si tratta di una fantasia di
chi non conosce il mercato delle bioplastiche. Oggi nel mondo ci sono
almeno una decina di aziende chimiche che producono polimeri
compostabili con cui si producono sacchetti e altro. Basta andare sul
web e si possono trovare colossi della chimica italiana, tedesca,
americana, del sud est asiatico, che producono bioplastiche. Dove
sarebbe il monopolio? Forse sarebbe opportuno ricordare che tra le
principali aziende della chimica verde una volta tanto l’Italia ha
una leadership mondiale sul tema, grazie ad una società che è stata
la prima 30 anni fa a investire in questo settore e che negli ultimi
10 anni ha permesso di far riaprire impianti chiusi riconvertendoli a
filiere che producono biopolimeri innovativi che riducono
l'inquinamento da plastica. Un problema di cui ormai si parla in
tutto il mondo, come emerso chiaramente ad esempio alla Conferenza
mondiale sugli oceani che l'Onu ha organizzato nel giugno scorso a
New York, a cui Legambiente ha partecipato portando l’esperienza di
citizen science sul marine litter con Goletta verde e le campagne di
pulizia delle spiagge.
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